Fino ad oggi, nella nostra rubrica, abbiamo cercato di fornire qualche riferimento sulla quantità di gas a effetto serra che vengono emessi da quello che facciamo, mangiamo o utilizziamo; ma quanto sappiamo delle emissioni di tutto ciò che non arriva nemmeno a noi, e cioè di ciò che viene perduto durante i processi di produzione e trasporto?
Proviamo ad affrontare l’argomento nel contesto alimentare, e quindi cercare di capire qual è l’impronta di carbonio dello spreco e della perdita di cibo.
Volendo subito chiarire i concetti, con perdita di cibo intendiamo l’insieme del cibo che viene scartato, bruciato o gettato ancor prima di giungere alla vendita. Un esempio sono gli ortaggi considerati “brutti”, che quindi non venderebbero e vengono spesso lasciati nei cambi nonostante lo sforzo effettuato per coltivarli. Lo spreco di cibo, invece, è rappresentato da tutto quello che viene gettato da venditori diretti e indiretti e dai consumatori, ovvero noi. Nello spreco di cibo possiamo includere tutti i prodotti che scadono, rimangono invenduti a fine giornata (pensiamo ai forni e alle pasticcerie!), vengono scartati nei ristoranti (e non solo) e che gettiamo una volta giunti a casa nostra per i motivi più disparati.
Pensandoci bene, la quantità di cibo che stiamo cercando di considerare non è poca; nel 2011 la FAO ha provato a quantificarla, arrivando alla stima di 1.3 miliardi di tonnellate di cibo perso o sprecato globalmente. Parlando di emissioni, altre ricerche ci dicono che a questo spreco corrisponde l’emissione di 3.3 miliardi di tonnellate di CO2. Ricordando che queste sono stime approssimative, perché è impossibile calcolare numeri globali con estrema precisione, e che quella che cerchiamo di dare è solo un’idea generale delle emissioni di CO2 totali, possiamo quindi dire che a 1 kg di cibo prodotto e mai consumato corrispondono 2 kg di CO2!
Quali sono i cibi che più spesso non arrivano alla nostra tavola? Secondo gli ultimi dati, principalmente prodotti cerealicoli e legumi, seguiti da tuberi e prodotti vegetali utilizzati per produrre oli (come le palme e la colza). Questi prodotti costituiscono circa l’80% del cibo perso o sprecato globalmente! Questo perché il loro valore per chilogrammo prodotto è molto basso, e porta a una gestione della catena di produzione poco sostenibile.
Ma come mai l’impronta di carbonio dello spreco di cibo è così alta, se a essere sprecati sono principalmente legumi, cereali e altri prodotti che solitamente emettono poca CO2?
La verità è che molto dipende dal luogo in cui il cibo viene prodotto: se coltivare tuberi in Europa emette in media meno di un kg di anidride carbonica, farlo in Australia può arrivare a generare più del triplo di emissioni. Così, a livello globale, l’impronta di carbonio del cibo diventa piuttosto alta.
Insomma, la lotta allo spreco e alla perdita di cibo è almeno tanto importante quanto scegliere cibi più sostenibili per il pianeta. Nel nostro quotidiano possiamo contribuire in vari modi ad abbassare l’impronta di carbonio di questa puntata: comprando solo quello che ci serve al supermercato; utilizzando app che permettono di recuperare gli avanzi di cibo della giornata dai venditori; e portando con noi quello che non finiamo di mangiare al ristorante, perché no!
Ogni piccolo gesto è importante, perché se lo spreco e la perdita di cibo fossero un Paese, sarebbero il terzo per quantità di emissioni dopo Stati Uniti e Cina!
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