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Il libero accesso all’informazione scientifica (climatica) è solo apparente

Il libero accesso all’informazione scientifica (climatica) è solo apparente

La predominanza di fonti sul cambiamento climatico disponibili in lingua inglese taglia fuori un grande pezzo della popolazione

di Cecilia Consalvo

 

Al giorno d’oggi la vastità e libertà di accesso delle risorse scientifiche rappresenta indubbiamente un vantaggio e una rivoluzione nel cosiddetto processo di democratizzazione dell’informazione. L’accesso libero a internet, insieme alla copiosità delle fonti di informazione presenti sul web, mettono chiunque nelle condizioni di potersi informare, valutare e, magari, decidere di agire di conseguenza. 

 

Ma tutta questa libertà, nel caso dell’informazione scientifica climatica, potrebbe essere solo apparente. Per comprendere di cosa stiamo parlando, occorre porsi una domanda fondamentale: in quale lingua possono essere lette le fonti scientifiche che riguardano i cambiamenti climatici

 

La storia di Sophia Kianni

Sophia Kianni è un’attivista climatica statunitense di 18 anni di origini iraniane. Durante una visita estiva in Iran, Sophie nota che nell’aria c’è una densa cortina di smog che oscura la vista delle stelle. La qualità irrespirabile dell’aria iraniana le fa realizzare il devastante impatto inquinante che la concentrazione di CO2 ha nel paese dei suoi genitori. Interessata all’argomento, Sophie decide di studiare gli effetti del riscaldamento globale in questa area geografica, così viene a sapere che le temperature del Medio Oriente si stanno alzando a una velocità quasi doppia rispetto alla media globale. A questo punto chiede ai propri familiari iraniani se sono a conoscenza di fenomeni come il cambiamento climatico e l’effetto serra, e il risultato è una forte disinformazione

 

Sophia ha raccontato la sua storia in un Ted Talk, in cui menziona uno studio secondo cui solo il 5% circa degli studenti iraniani è capace di descrivere l’effetto serra e le sue cause. L’allarmante assenza di educazione al cambiamento climatico non è, però, ciò su cui Kianni si sofferma di più. La sua ricerca, infatti, la porta a comprendere una cosa: le informazioni sul cambiamento climatico disponibili in lingua farsi (persiano) sono molto scarse. Comincia, dunque, con l’aiuto di sua madre a tradurre documenti ufficiali ed informazioni dall’inglese al farsi, dando l’opportunità ai suoi familiari di informarsi sugli aspetti fondamentali alla base del cambiamento climatico. 

 

Questa nuova possibilità genera però un crescente senso di paura nella sua famiglia, dovuto ad una nuova percezione del rischio climatico. È proprio questa reazione che la motiva a creare Climate Cardinals, un’organizzazione che si dedica alla traduzione di fonti riguardanti il cambiamento climatico in più di cento lingue diverse. 

 

Il clima parla solo in inglese

La predominanza della lingua inglese nei documenti ufficiali che riguardano l’informazione climatica è un grande problema. Questa barriera linguistica è presente in molte discipline scientifiche, ma è ancora più preoccupante quando si parla di cambiamento climatico. 

 

L’idea di un accesso libero e illimitato a fonti e informazioni ufficiali riguardanti il cambiamento climatico è, dunque, solo in parte vera. La possibilità di accedere alle più autorevoli risorse scientifiche in lingue inglese, sebbene sia un vantaggio per la divulgazione in ambiti accademici internazionali, è altresì un limite in aree remote dove le lingue locali rappresentano l’unico strumento di comunicazione.  

 

La maggior parte della popolazione mondiale non adotta l’inglese come lingua madre. Eppure l’80% degli articoli scientifici sul cambiamento climatico non sono disponibili in altre lingue. Lo stesso IPCC Report (frutto del lavoro dell’International Panel of Climate Change Report, uno dei più autorevoli forum in tema di cambiamento climatico) è stato tradotto nelle sole sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite: russo, inglese, francese, arabo, spagnolo e cinese. Questo significa che la maggior parte delle persone nel mondo non è in grado di accedere e comprendere uno dei Report più importanti in campo climatico

 

Va da sé che una buona parte della popolazione mondiale ha difficoltà a informarsi rispetto alla questione climatica, creando così un vero e proprio limite alla coscienza climatica, mezzo essenziale per rendere partecipi cittadini e intere popolazioni alle sfide che li riguardano. 

 

Il paradosso è che le popolazioni “escluse” dall’informazione scientifica sono proprio quelle che per prime dovrebbero conoscere gli strumenti disponibili a livello internazionale per far fronte agli effetti sempre più evidenti  della crisi climatica globale. Tali aree geografiche sono, infatti, le stesse aree a essere colpite più intensamente dagli effetti del riscaldamento globale.

 

La coscienza climatica, la percezione del rischio e la naturale spinta all’azione climatica per contrastare e adattarsi alla crisi in atto hanno come punto di partenza obbligato la documentazione e lo studio di ciò che sta avvenendo attorno a noi, sia a livello internazionale che locale. La traduzione in lingue locali di importanti testi come l’Accordo di Parigi rappresenterebbe uno strumento fondamentale di democrazia, per permettere a tutti i cittadini di potersi informare su ciò che stiamo vivendo, prendere decisioni consapevoli e poter agire di conseguenza. 

 

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