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L’essere umano si adatta a tutto

L’essere umano si adatta a tutto

Un meccanismo di sopravvivenza a volte pericoloso. 

 

L’arte di arrangiarsi

Ci si abitua a tutto. Noi esseri umani siamo fatti così. Ci adattiamo a cambiamenti epocali o repentini, facciamo di un appartamento angusto il nostro nido, stravolgiamo i nostri ritmi circadiani per un lavoro o per un figlio, ci dimentichiamo di pranzare, reagiamo a shock drammatici andando avanti con le nostre vite, ci spingiamo oltre i limiti fisici nello sport, impariamo a convivere con le perdite e accogliamo con non troppo attrito le novità. Siamo probabilmente la specie più adattabile dell’intero pianeta.

 

Uno dei fattori che ci ha costretto a scommettere sulla nostra adattabilità, per poi venir raffinata nel tempo, è stato proprio il cambiamento climatico: nel contesto di un habitat in continua evoluzione, la specie umana ha trovato il modo, durante la sua lunga permanenza sul pianeta Terra, di sviluppare una speciale capacità di adattamento e un cervello sofisticato, in grado di pensare creativamente a nuove soluzioni per sopravvivere alle minacce circostanti. Abbiamo poi costruito le società moderne anche attraverso l’evoluzione di una socialità complessa. Anche le intricate interazioni con gli altri hanno accresciuto la nostra plasticità comportamentale. 

 

Sebbene non ci sia un consenso universale tra gli antropologi su quanto più puntuali o più graduali siano stati gli sviluppi eccezionali nell’evoluzione umana, esiste un forte accordo  sulla correlazione tra cambiamenti climatici e l’evoluzione di nuovi modi di relazionarsi con l’ambiente.

 

Ironia della sorte, in tempi recenti, la stessa capacità di interagire e sfruttare a nostro vantaggio il contesto e le dinamiche ambientali, ci ha reso vulnerabili e trasformati nel fattore scatenante di un’ancor maggiore instabilità climatica. Nella presente epoca industriale, non solo le sue conseguenze sembrano trovarci impreparati (nonostante gli strumenti per evitarle o mitigarle esistano), ma anche le nostre stesse azioni hanno spinto il riscaldamento climatico ad un’accelerazione senza precedenti nella storia dei mutamenti climatici, con livelli di CO2 emessi mai raggiunti.

 

Anormal is the new normal

Con un minimo di senso critico, in retrospettiva, possiamo accorgerci in molti di quanto ci abituiamo impercettibilmente ad eventi che sembravano unici ed eccezionali fino a poco tempo prima. Accettiamo novità che in breve diventano la norma, con il rischio di perdere di vista la realtà e i suoi pericoli.

 

Se, da un lato, la facilità di adattamento può rivelarsi addirittura pericolosa in determinati contesti (si pensi all’apatia di una popolazione di fronte all’ascesa di una dittatura o all’accettazione di episodi di violenza come parte integrante di una relazione tossica), d’altro canto di fronte alla crisi climatica è possibile che finisca per salvarci la vita. 

 

Reclamiamo ora un pizzico di libertà intellettuale: si immagini di distinguere una capacità di adattamento ex ante ed una ex post rispetto all’insieme delle problematiche generate dal cambiamento climatico.

 

La prima è la capacità di carattere preventivo di abituarsi a nuove regole o imposizioni precauzionali per il bene comune, e un futuro quantomeno più facile anche dal punto di vista del controllo del cambiamento climatico e delle sue conseguenze geopolitiche, sociali ed economiche. A livello individuale si tratta, per esempio, di abituarsi ad andare in bicicletta o a viaggiare in treno invece che in aereo quando possibile, a scegliere fonti di energia rinnovabile se disponibili, a combattere gli sprechi all’interno del proprio nucleo familiare, a preferire il riutilizzo ai prodotti monouso, a rifiutare beni prodotti dall’industria del carbon fossile.

 

La necessità di utilizzare una mascherina per prevenire la diffusione di un virus ci ha chiarito che siamo in grado di cambiare le nostri abitudini abbastanza repentinamente, quando necessario. Quanto basta a dimostrare che, a livello governativo, nuove regole, nuove norme, nuove imposizioni volte a ridurre il nostro impatto sul pianeta, e preferibilmente dal costo privato non eccessivo, sarebbero realizzabili. La nostra naturale flessibilità, infatti, le abbraccerebbe senza troppa fatica (Oslo, ad esempio, è una delle prime città a chiudere il centro alle automobili).

 

La seconda modalità di adattamento, spesso più dispendiosa in termini di energie e costi, comprende invece tutte le azioni conseguenti a un cambiamento: ci abituiamo a eventi meteorologici estremi e reagiamo trasferendoci in zone a rischio meno elevato, ci adattiamo a temperature estreme accettando i 27°C di inizio aprile nel Nord Italia come la normalità, diamo per scontato che il corso d’acqua dietro casa ogni Novembre strariperà e installiamo le barriere antiallagamento, non ci sorprendiamo di detergere la faccia la sera e trovare il panno sporco anche se non ci siamo truccati la mattina. Addirittura, sembriamo rassegnarci all’idea che, solo in Italia, circa 76.000 persone muoiano prematuramente a concausa dell’inquinamento dell’aria ogni singolo anno.

 

Insomma

La capacità di adattamento umana verrà messa alla prova come mai prima d’ora. E nell’immobilità generale è difficile prevedere se risponderemo in tempo, ma soprattutto a quali costi. Infatti, reagire preventivamente, applicando un approccio d’adattamento cosiddetto ex ante, non solo è più conveniente per tutti ma comporta anche costi di applicazione minori e, soprattutto, un minor rischio di perdere vite salvabili. 

 

Non confondiamoci: non è tanto il cambiamento climatico in sé ad essere affar nuovo per la specie umana; ci abbiamo avuto a che fare dal primo ominide di milioni di anni fa. È il ritmo a cui esso sta avanzando a causa nostra a rappresentare il problema, tanto che quella climatica si è guadagnata l’appellativo di crisi. E così come abbiamo messo la mascherina e mobilitato miliardi in piena emergenza pandemica per trovare il vaccino contro il Covid-19, dovremmo occuparci di una seconda crisi che si insinua nelle nostre società in modo sempre più minaccioso, per la quale, per giunta, esistono già diverse soluzioni ex ante da adottare. Tra queste, l’urgenza di un intervento normativo ambizioso da parte dei governi, la capacità di riconoscere la gravità della situazione prima che sia troppo tardi e la necessità di comprendere come un cambio di stile di vita oggi comporti costi di adattamento inferiori rispetto ad uno stravolgimento di abitudini in situazioni di emergenza domani

 

Adattarsi al cambiamento prima che esso rappresenti una necessità vitale non è impossibile; dimostriamolo.

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