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Perché stiamo perdendo le barriere coralline

Perché stiamo perdendo le barriere coralline

L’aumento della temperatura dell’acqua marina sta portando sull’orlo dell’estinzione i coralli e gli ecosistemi che da essi dipendono. Una morte silenziosa, ma non invisibile.

di Laura Basconi

Al mondo, la vita di mezzo miliardo di persone in 50 nazioni è legata alle barriere coralline per sostentamento, pesca e turismo. Nonostante ciò, stiamo inesorabilmente perdendo questo capitale naturale a causa della crisi climatica. A febbraio 2020, in Australia, è stato registrato il terzo evento di sbiancamento della Grande Barriera Corallina (Great Barrier Reef), sulla porzione più estesa mai registrata in soli cinque anni.

 

Come funziona lo sbiancamento dei coralli?

Per capire che cos’è lo sbiancamento dei coralli, segno evidente di forte stress, bisogna fare una rapida lezione di biologia marina. I coralli sono animali (non sassi né piante, come si pensa a volte), e ancor più precisamente colonie di piccoli animali chiamati polipi. Questi polipi creano il riconoscibile scheletro del corallo, da cui fuoriescono con le loro piccole “braccia”, per filtrare l’acqua marina intrappolando i nutrienti. Una sola goccia di acqua di mare contiene tantissimi minuscoli microrganismi, spesso non visibili ad occhio nudo, ma che rappresentano una prelibatezza per i polipi di corallo. Nonostante ciò, i polipi non riescono solo con questo metodo a procurarsi tutto il nutrimento di cui hanno bisogno; la selezione naturale li ha perciò accostati, in simbiosi, con un partner ideale per la sopravvivenza: le zooxantelle.

 

Le zooxantelle sono microalghe che si trovano dentro il corallo e che, facendo fotosintesi, producono materiale zuccherino utile al nutrimento dei polipi; in cambio, la colonia di polipi fornisce loro protezione all’interno dello scheletro calcareo. Uno scambio mutuale di favori, che rappresenta una delle simbiosi più affascinanti in Natura; la stessa che viene, però, spezzata dal cambiamento climatico e dalle conseguenti acque marine troppo calde.

 

Infatti, quando le temperature dell’acqua diventano insopportabili, le zooxantelle muoiono, lasciando l’intera colonia di polipi del corallo a sopravvivere in autonomia. Se le condizioni di temperatura dell’acqua non si ristabilizzano, anche i polipi, che non hanno più tutti i nutrimenti necessari alla loro sopravvivenza, si lasciano morire. Lo scheletro calcareo che costituisce il corallo rimane così uno scheletro vuoto, senza vita: un aggregato di CaCO3 che perde i suoi colori sgargianti e in breve tempo viene soffocato da un tappeto di macroalghe.

 

Nel 2016, 2017 e 2020 si sono registrati periodi insolitamente lunghi di alte temperature nelle acque dell’Australia nord-orientale, costituenti quelle che sono state definite ondate di calore marine (marine heat waves). Le ondate di calore marine, con il cambiamento climatico, stanno diventando sempre più frequenti, non solo nelle acque australiane ma in tutte le aree tropicali. Uno studio pubblicato su Nature communications ha riportato un aumento del 54% su base annua dei giorni in cui l’Oceano fa esperienza delle ondate di calore marine. Inoltre, anche la durata e la frequenza delle stesse sono aumentate rispettivamente di 17% e 34% tra il 1925 e il 2016. La conseguenza è una morte silenziosa, ma non invisibile, delle ricche barriere coralline: i coralli infatti mandano un ultimo segnale all’universo che gli ha permesso la vita, tingendosi di colori straordinariamente fluorescenti. Questo segnale, visibile anche dallo spazio, è uno dei momenti struggenti nel processo che descrive una delle catastrofi ambientali più erosiva della biodiversità globale. Infatti, quando muoiono le barriere coralline, scompaiono tutte le specie ad esse associate: dai piccoli molluschi ai laboriosi pesci colorati, dai nudibranchi alle imponenti mante e tartarughe.

Fonte: ARC Center of Excellence, Coral Reef Study

 

Un ecosistema destinato a scomparire?

Ad oggi sappiamo che il 50% delle barriere coralline nel mondo è già morto; se la temperatura media globale continuerà a crescere al ritmo attuale, lo scenario previsto consiste in una completa scomparsa (99%) di questi ricchi ecosistemi entro il 2070.    

 

Il cambiamento climatico causato dall’uomo sta uccidendo specie che erano su questo pianeta prima di noi. I coralli hanno una crescita molto lenta, in media di pochi centimetri all’anno, quindi quello che noi apprezziamo adesso sott’acqua è il risultato di 240 milioni di anni di evoluzione e costruzione minuziosa da parte di piccoli organismi. Purtroppo, il fenomeno dello sbiancamento delle barriere coralline è un altro esempio di come l’uomo, nei soli 2 milioni di anni da ospite di questo Pianeta,  stia rendendo l’ambiente un posto ostile per la vita sia propria che altrui.

 

Diversi ricercatori hanno stimato che il valore delle barriere coralline mondiali sia di 9.8 trilioni di dollari per anno (un miliardo di miliardi, 1018). Queste cifre con molti zeri possono, forse, farci rendere conto del valore che questi ecosistemi marini abbiano per il nostro Pianeta e per noi; ma più o meno zeri, che sembrano necessari di questi tempi per valutare qualsiasi cosa, non rendono l’idea di un valore inestimabile quale quello delle risorse naturali intorno a noi. Tutelare gli ecosistemi anche se sembrano molto lontani da noi, sostenendo enti che si occupano del restauro di coralli o di turismo tropicale sostenibile, è la nostra assicurazione sulla vita e su quella delle generazioni future.

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