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Bollettino 01/19: Epifania che tutte le gioie porta via

Il 2019 si è aperto con una notizia sconvolgente, giustamente condivisa dal Corriere della Sera: la povera Elisabetta Gregoraci, ex moglie di Briatore – lo diciamo per chi, come lo scrivente, non l’aveva mai sentita nominare, è rimasta bloccata nell’albergo dove stava trascorrendo le vacanze, in Thailandia. Tutta colpa di Pabuk, la tempesta tropicale che ha investito l’estremo sud-orientale del paese nei primissimi giorni di gennaio.

Si è assistito ai “soliti” disagi: è saltata l’elettricità, sono state sventrate le case, si sono allagate le strade. Solo che di “solito” Pabuk ha ben poco: erano 67 anni che un ciclone non raggiungeva le coste della Thailandia in gennaio. Come riportato su Instagram con precisione certosina da Miss Calabria 1997, “non una bellissima situazione” – e non solo per le migliaia di turisti lasciati a piedi.

In Thailandia sono morte “solo” tre persone, ma negli ultimi giorni del 2018 – ci perdonerete per non averlo segnalato nel precedente BollettinoPabuk ha causato inondazioni e frane che hanno ucciso più di 60 persone nelle Filippine. E se non è ancora possibile stabilire con certezza – che tocca fare, ci vuole tempo per produrre conoscenza – che il riscaldamento abbia causato questa tempesta, l’IPCC ci dice chiaramente che esso fa aumentare la frequenza e l’intensità di cicloni, tempeste e altri fenomeni atmosferici estremi. Dunque, da tenere a mente: più cambiamento climatico, meno bagni su bianche spiagge thailandesi.

Certo, bisogna ammettere che gennaio è stato un mese terribile per parecchi frequentatori di spiagge nel mondo. In Inghilterra il Committee on Climate Change, l’organo che consiglia il governo britannico sulle questioni climatiche, ha di fatto ammesso che un terzo delle coste inglesi sarà irrimediabilmente modificato dall’erosione causata dall’innalzamento del livello del mare. Direte voi: chi ci andrà mai a fare il bagno oltremanica? Dubbio legittimo. Però siamo sicuri che in California o in Australia un tuffo lo andreste a fare più che volentieri. Ebbene, l’innalzamento del mare mette a rischio anche la straordinaria biodiversità dell’oceano californiano e le più belle spiagge da surf australiane.

Ma ‘sto mare perché si alza? Parte è dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, specialmente quelli ai poli che, come recentemente riportato dalla National Academy of Sciences americana, si stanno sciogliendo quattro volte più velocemente rispetto al 2003. Dove pensate finisca tutta quell’acqua? Un altro fattore è ciò che in fisica si chiama espansione termica: il riscaldamento degli oceani ne aumenta il volume, e di conseguenza l’acqua continua a salire. La notiziaccia per i bagnanti è arrivata qualche giorno fa da Science, che li ha avvertiti del fatto che gli oceani si stanno riscaldando più velocemente di quanto avessimo previsto.

Sempre a proposito di bagnanti, è andata proprio male anche a quelli che hanno provato a crogiolarsi sotto il sole australiano, dato che nelle scorse settimane le temperature nella terra dei canguri hanno sfiorato i 50°C (non è un refuso, sono stati registrati 49.1°C a Marble Bar, in Australia Occidentale). Per fortuna l’escursione termica ha garantito refrigerio durante la sera: una minima nazionale a 36°C ha stabilito un nuovo record assoluto per l’Australia.

Le scene che si sono susseguite nella settimana più calda della storia del continente-isola sono tragiche al punto da sfiorare il grottesco: gente colpita da infarti in spiaggia, bistecche cotte sotto al sole, un’apocalisse di pipistrelli giganti caduti dagli alberi e stramazzati al suolo, l’asfalto delle strade che si è letteralmente sciolto. Eppure, downunder al caldo dovrebbero esserci abituati, no? A questo caldo no, e scommetto che potete indovinare il perché: il cambiamento climatico rende le ondate di calore più estreme, e ne amplia il raggio d’azione.

Se vi è venuta un’irrefrenabile voglia di accasciarvi inermi nella neve, possiamo consigliarvi una meta non lontano da casa: i nostri vicini d’Oltralpe – Austria, Baviera e Svizzera – sono stati paralizzati da un’intensa tempesta di neve, di quelle che ne arriva solo una per generazione. Anche in questo caso, i “soliti” disagi: orde di turisti intrappolati – stavolta però sotto la neve – e poi paesi montani totalmente isolati, treni fermi e 12 morti, alcuni sotto le valanghe, altri sotto gli alberi schiantatisi al suolo.

Anche in questo caso sembrerebbe proprio esserci lo zampino del riscaldamento globale. A causa dell’aumento della temperatura superficiale del mare, i venti che soffiano dal Mar Baltico e dal Mare del Nord sono più “carichi” di umidità rispetto al passato, e dunque possono provocare tempeste di neve più intense di quelle a cui siamo abituati. Di certo non ci sono abituati i leader mondiali diretti al World Economic Forum (il più importante convegno di finanza internazionale), che hanno avuto parecchia difficoltà a raggiungere Davos, la cittadina svizzera ospite dell’evento, anch’essa sommersa dalla neve. Chissà che non sia l’occasione per una presa di responsabilità.

La responsabilità la sente sicuramente poco il presidente Trump, che a Davos non è proprio riuscito ad arrivare, e che nel solo mese di gennaio è riuscito 1) a minacciare il taglio dei fondi federali per gli incendi della California, causati secondo lui dalle cattivissime guardie forestali; 2) a far ufficialmente tornare a salire le emissioni statunitensi di CO2, grazie alle lungimiranti politiche che portano gli USA fuori dall’Accordo di Parigi; 3) a twittare per ben due volte che, per contrastare il freddo di inizio anno, “ci vorrebbe un po’ di buon vecchio cambiamento climatico”. Attendetevi a breve una risposta a tono da Duegradi.

Al contrario, la necessità di agire la sentono i cittadini, che hanno approfittato della #10yearschallenge per far arrendere gli scettici all’evidenza che il riscaldamento globale è cosa verissima e presente. È a loro, unica gioia nel mese che tutte le feste porta via, che dedichiamo questo disastroso Bollettino di inizio anno.

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