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Bollettino 02/19: Pippi Calzelunghe e la terra dei canguri

Questo mese, apriamo il nostro Bollettino con una grandiosa notizia: il cambiamento climatico renderà gli oceani più blu. Ve lo immaginate, farvi il bagno nelle gelide acque dell’Atlantico come foste in Sardegna? Ve lo immaginate un immenso, sconfinato Mare Nostrum? (Perdonate il campanilismo). Per questa meraviglia possiamo ringraziare il fitoplancton, l’insieme di invisibili esserini acquatici che convertono la luce del sole in energia, che proliferera grazie all’aumento della temperatura del mare.

La notizia meno positiva, ufficializzata qualche giorno fa, è che il 2018 è stato il quarto anno più caldo di sempre. Ma chi ci crede, di fronte all’ondata di gelo che ha paralizzato il Midwest degli Stati Uniti? Nello stato del Minnesota, a cavallo tra gennaio e febbraio, sono stati registrati -53.9°C; la città di Chicago ha deciso di far circolare gli autobus coi riscaldamentii a palla per offrire riparo ai senzatetto. Una tempesta perfetta per far uscire gli scettici del clima dalle loro tane. E infatti non è potuta mancare la perla di Trump. Un’occhiata al termometro ed il platinato presidente USA si è precipitato su Twitter per dichiarare: “Che diamine sta succedendo al riscaldamento globale? Torna presto, abbiamo bisogno di te!”.

Abbiamo già invitato chi di dovere a dare al Presidente qualche delucidazione sulla differenza tra clima e meteo; concediamo tuttavia al povero Trump che in questo caso sembra esserci un controsenso. Proviamo a spiegarlo. Il problema è la destabilizzazione del cosiddetto polar vortex, una sorta di barriera di vento stratosferica (letteralmente!) che tiene il freddo artico confinato oltre il circolo polare. Questa barriera, già di per sé più debole in inverno, è ulteriormente destabilizzata dal riscaldamento globale, il che consente al gelo artico di scendere più a sud. Una roba da diventarci scemi: il mondo si scalda, quindi abbiamo più freddo.

Vero è che non fa freddo ovunque. Nel precedente Bollettino vi abbiamo parlato dell’ondata di calore epocale che ha travolto l’Australia a gennaio. Lasciateci dire – stavolta senza traccia di ironia – che questo mese ci sentiamo particolarmente solidali verso la terra dei canguri. Al caldo e alla siccità di gennaio sono seguiti gli incendi che hanno colpito la Tasmania, culla verde del paese. L’incendio principale, con i suoi 1630 – milleseicentotrenta– chilometri di fronte, ha bruciato oltre il 3% dell’isola. Il fumo degli incendi è arrivato fino alla Nuova Zelanda, a 2500 – duemilacinquecento – chilometri di distanza, la stessa distanza che intercorre tra Roma e Oslo.

E non è finita qui. Nello stato del Queensland, nel nord-est dell’Australia, in meno di una settimana è scesa tanta pioggia quanta di solito ne cade in un anno intero. Diverse località costiere sono state inondate, due persone sono annegate, migliaia di persone sono state sfollate, e le strade si sono popolate di coccodrilli. E nell’entroterra non è andata meglio: sono morti trecentomila capi di bestiame, stremati dal caldo di gennaio, poi bloccati nel fango ed annegati nell’alluvione di febbraio. Le immagini di questo disastro sono terrificanti. Ormai lo abbiamo capito: gli eventi climatici estremi sono resi più intensi e frequenti dal riscaldamento globale. Ed è stato beffardo il destino quando ha deciso che questo inferno dovesse avere luogo nella regione di Townsville, la cui economia ruota attorno all’estrazione del carbone.

Come da adagio popolare, non può esserci due senza tre. E difatti la terza notizia è arrivata, puntuale, verso la fine del mese. Il governo australiano ha dichiarato ufficialmente estinto un piccolo roditore che viveva nello sperduto atollo di Bramble Cay, nel nord dell’Australia. Si tratta del primo caso di estinzione causata dal cambiamento climatico. Ci auguriamo non sia il primo di una lunga serie.

Il roditore estintosi a causa del cambiamento climatico

Sempre a proposito di animali in via di estinzione, ci pare doveroso segnalare che una cinquantina di orsi polari ha invaso per diversi giorni un remoto villaggio russo. A differenza di quegli orsi grassi e cucciolosi che vediamo spesso in fotografia, questi erano magri, sporchi ed affamati, al punto che si sono messi a cercare cibo nella discarica locale, in mezzo ai rifiuti di plastica. Che il loro habitat stia scomparendo assieme al ghiaccio dell’Artico lo sappiamo da decenni, e queste immagini ci aiutano a ricordarlo.

A proposito di ghiaccio che si scioglie, vogliamo condividere con voi l’euforia che ci hanno regalato i recenti studi usciti nell’ultimo mese sullo stato dei ghiacciai nel mondo. In Antartide è stata scoperta una voragine grande due volte Manhattan, che suggerisce che il ghiacciaio Thwaites si stia sciogliendo ben più rapidamente di quanto pensassimo. E dato che non c’è mai fine al peggio, abbiamo anche scoperto che i ghiacciai dell’Himalaya si ritireranno di almeno il 30% entro la fine del secolo. La notizia è particolarmente allarmante se si aggiunge il non trascurabile dettaglio che i suddetti ghiacciai forniscono l’acqua ad un miliardo e seicento milioni di persone.

Si potrebbe dire tanto altro su questo mese di febbraio; per esempio che sono stati battuti diversi record, di quelli di cui andare fieri, da raccontare a figli e nipoti. Tipo il record della temperatura più alta mai registrata nella Patagonia Argentina, in Paraguay, e nelle brasilianissime città di Belo Horizonte, São Paulo e Rio. Si potrebbe parlare dell’inondazione del deserto di Atacama, in Cile, uno dei luoghi più aridi del pianeta – d’altronde se lo hanno chiamato deserto e non foresta ci sarà stata una ragione.

Certo, potremmo ancora parlarne per ore, ma oggi vogliamo chiudere con le buone notizie. Una viene dagli USA: Trump si è convinto che gli incendi di quest’estate in California non erano colpa delle “guardie infami della forestale” e, in uno slancio messianico, non ha bloccato i fondi a loro diretti come inizialmente deciso (ve ne avevamo accennato lo scorso mese). L’altra buona notizia è la comparsa sulla scena internazionale di una ragazzina svedese tutta treccine e sguardo impertinente, smaccatamente somigliante a Pippi Calzelunghe. Greta Thunberg si è presentata davanti all’Unione Europea dicendo: “stiamo cominciando a ripulire il casino che avete lasciato, e non ci fermeremo fin quando non avremo finito”. Brindiamo alla sfacciataggine ineluttabile delle sue parole.

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