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Breve guida alla “nuova” strategia energetica italiana

Breve guida alla “nuova” strategia energetica italiana

Il fatto

Con qualche giorno di ritardo, l’8 gennaio l’Italia ha inviato alla Commissione Europea la “Proposta di Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima” (PNIEC). Si tratta di un documento da cui possiamo trarre indizi importanti riguardo l’impegno italiano sul clima, dato che definisce la strategia italiana per il settore energetico fino al 2030. Si tratta tuttavia di una proposta ancora provvisoria, che dovrà poi essere modificata in base alle raccomandazioni che la Commissione pubblicherà entro giugno di quest’anno. Il piano definitivo verrà poi approvato entro la fine del 2019.

Messa così, non parrebbe una notizia degna di nota. In realtà si tratta invece di un passo importante, in quanto l’Unione Europea ha competenze concorrenti con i paesi membri sia in ambito energetico che ambientale (Articolo 4 del TFUE). In parole povere, l’UE ha voce in capitolo nella definizione delle politiche dell’Italia sull’energia e sull’ambiente: quando l’Italia sviluppa una politica energetica deve quindi seguire alcune linee guida europee.

Quando si parla di clima, le linee guida europee sono frutto degli impegni presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi. In quella circostanza, gli stati membri dell’UE hanno deciso di presentare un obiettivo comune, da raggiungere non come singoli stati ma a livello europeo. L’impegno per il 2030 è di ridurre le emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990. Per raggiungere tale obiettivo, l’UE punta ad aumentare l’efficienza energetica del 32,5% ed aumentare la quota delle rinnovabili al 32% del mix energetico.

Gli obiettivi del PNIEC sul clima

Analizzare il PNIEC è quindi utile per capire se gli obiettivi dell’Italia sul clima sono in linea con quelli europei, e per capire come ci si propone di raggiungerli. La politica energetica ha infatti un impatto notevole sulla decarbonizzazione dell’economia, la diffusione delle energie rinnovabili ed il potenziamento dell’efficienza energetica, tre aspetti fondamentali per ridurre le emissioni di gas serra.

Di certo, la decarbonizzazione è tra gli obiettivi primari del PNIEC. L’Italia ha deciso di puntare in particolare sull’eliminazione del carbone dal mix energetico entro il 2025. Stiamo parlando del più inquinante tra i combustibili fossili, da cui ancora proviene circa il 6% dell’energia che consumiamo in Italia. L’abbandono del carbone avrà un impatto positivo sulla decarbonizzazione dell’industria energetica, ed in particolare sulla produzione di energia elettrica.

Gli altri settori sui quali il PNIEC interverrà maggiormente sono i trasporti, il residenziale ed il terziario. In questo caso, i due grandi volani della transizione energetica saranno l’accelerazione sul fronte delle rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica, per i quali l’Italia punta rispettivamente a un incremento del 30% e del 43%.

La diffusione delle fonti di energia rinnovabile è prevista soprattutto nel settore elettrico, dove dovrebbe passare dal 34% attuale al 55,4% nel 2030, andando a colmare gran parte del vuoto lasciato dal carbone. Ciò sarà possibile grazie a nuovi incentivi alla produzione di tecnologie rinnovabili (come i pannelli solari), all’ammodernamento degli impianti (soprattutto eolici) e ad una fisiologica diminuzione dei costi di produzione, che abbasserà il prezzo delle rinnovabili. Le fonti di energia pulita saranno sempre più importanti anche nel settore dei trasporti. IL PNIEC prevede infatti degli incentivi per l’utilizzo di biocarburanti avanzati come il biometano, e per favorire la diffusione delle automobili elettriche: se ne prevedono 1,6 milioni in giro per l’Italia entro il 2030. Si punterà infine anche sui “sistemi di autoproduzione”, ovvero sull’energia fai-da-te, come quella prodotta dai pannelli solari sui tetti delle nostre case.

Sull’efficienza energetica l’Italia ha ampi margini di miglioramento – non a caso l’obiettivo è piuttosto ambizioso – specialmente nel settore residenziale: termosifoni e lavatrice possono scaldare e lavare consumando molto meno. Il PNIEC lavorerà innanzitutto sull’“ecobonus”, una forma di sgravio fiscale volto ad incentivare la sostituzione dei vecchi elettrodomestici con quelli più efficienti, come le pompe di calore. Inoltre, integrerà il concetto di efficienza energetica all’interno di una serie di politiche pubbliche, ad esempio nei piani di riqualificazione dei quartieri. Nel settore dei trasporti sarà data priorità alla mobilità pubblica e condivisa – i bus ed il car sharing – ed al trasporto su rotaia rispetto a quello su gomma – più treni, meno camion.

Quando cominciamo a correre?

Va (ri)fatta una doverosa premessa: il PNIEC non è un documento definitivo, ma piuttosto una proposta sottoposta alla Commissione Europea, volta quindi a tracciare delle linee guida più che a descrivere i dettagli della loro realizzazione. Ed è probabile che, all’atto pratico, alcuni degli scenari proposti – su tutti l’eliminazione del carbone entro il 2025 e la rivoluzione in termini di efficienza energetica dei trasporti – potrebbero essere rivisti al ribasso.

Detto ciò, il PNIEC è tutto sommato in linea con i parametri europei. Se tutto dovesse andare come previsto dal Piano, l’Italia rispetterebbe l’obiettivo di decarbonizzazione e supererebbe quello di efficienza energetica, mentre resterebbe leggermente indietro nel caso delle rinnovabili. In ogni caso, la visione espressa nel Piano è in pressoché totale sintonia con quella del governo precedente, esplicitata nella Strategia Energetica Nazionale (SEN) della fine del 2017.

E come tale, non è un piano particolarmente ambizioso. Rispettare gli obiettivi europei è importante ma non è abbastanza, se vogliamo mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre al di sotto dei due gradi. Secondo il Climate Action Tracker, tali obiettivi sono solo “un piccolo passo in avanti … nel momento storico in cui è necessaria un’accelerazione significativa”. In altre parole, bisogna lavorare per obiettivi ben più ambiziosi. Lo chiede con sempre più insistenza anche la società civile: quando cominciamo a correre?

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