Si possono davvero compensare le proprie emissioni?
Tutto ha un prezzo, anche le nostre emissioni di CO2.
Prendere un volo, mangiare quello che si vuole, acquistare una maglietta che ci piace in più; poi andare su internet e: “ping!”, comprare un albero, donare per la conservazione delle foreste o delle paludi, insomma compensare le emissioni che si sono appena causate. Che sia per fare ancora quello che ci piace o perché non possiamo evitarlo, la nostra emissione di gas serra può sembrare meno pesante se crediamo di poterla “cancellare” con qualche euro.
Quello delle compensazioni è un meccanismo che permette di “acquistare” una riduzione delle emissioni realizzata da qualcun altro e utilizzarla per ridurre il proprio impatto sul clima. A livello Statale è rappresentata da meccanismi come l’EU ETS; a quello individuale da tutte le piattaforme che, attraverso protezione delle foreste, progetti di progresso climatico, diffusione di apparecchi a emissione ridotte come stufe e fornelli a combustibili sostenibili, ci dicono che possiamo fare qualcosa per ridurre il cambiamento climatico senza necessariamente dover rinunciare alle nostre abitudini. Ma possiamo davvero cancellare le nostre emissioni pagando?
Il concetto delle compensazioni di emissioni è strettamente legato a quello del “prezzo” della natura, cioè l’idea secondo cui la natura, grazie all’insieme di servizi che garantisce per la sopravvivenza umana, ha un valore che le deve essere riconosciuto. Quando un ecosistema produce cibo, acqua potabile, regolazione climatica e attività ricreative sta fornendoci qualcosa per cui, normalmente, saremmo disposti a pagare all’interno del mercato economico.
Al giorno d’oggi, infatti, è proprio il mercato a concedere un valore a tutti i beni ed i servizi, che viene misurato in termini di prezzo o costo; fuori dal mercato sembra che nulla abbia un valore decifrabile. Il fatto che per entrare in un Parco naturale paghiamo un biglietto può darci un’idea del valore della natura e della necessità di una sua tutela anche dal punto di vista economico. Nel momento in cui si è compresa l’influenza delle azioni umane sugli ecosistemi terrestri, si è capito che dare un prezzo alla natura poteva aiutare a salvaguardarne la sopravvivenza. Per questo i disastri ambientali vengono riparati tramite risarcimenti miliardari, i danni ambientali vengono puniti dalla legge, la biodiversità perduta a causa di investimenti edilizi va compensata secondo direttive Europee.
Le compensazioni di emissioni rientrano nella stessa linea di pensiero: se contribuiamo all’aumento del cambiamento climatico possiamo cercare di riparare il danno compiuto.
La compensazione delle emissioni è un meccanismo imperfetto
Da un lato, la compensazione ha il pregio di spingerci ad assegnare, finalmente, un costo ai nostri gesti poco sostenibili: se fino a qualche anno fa non ci domandavamo nemmeno quali fossero le conseguenze di prendere un aereo in più, ora siamo capaci di calcolare, in base ai chilometri percorsi, quanto dovremmo investire in comportamenti compensatori per far sì che quelle emissioni siano “ricatturate” dall’atmosfera. Capire che le nostre azioni hanno un costo per l’ambiente e il clima è il primo passo verso il tentativo di ridurre quelle più deleterie. Dall’altro lato, tuttavia, dare un prezzo alla natura significa ridurre l’efficacia della spinta morale e sociale come potenziale leva alla sua conservazione. Ma in che senso?
Basta un esempio: in un asilo nido, per evitare che i genitori non passassero in tempo a prendere i bambini, fu introdotta una multa ai ritardatari. Il risultato fu però contrario alle speranze: molti più genitori iniziarono a passare sistematicamente più tardi.
Se, infatti, quello che spingeva inizialmente i genitori a essere puntuali era l’obbligo morale e sociale a non lasciare i figli al nido per più del concordato, la multa permise di “dare un prezzo” all’atteggiamento e, quindi, a legittimarlo. Sono in ritardo? Nessun problema, pago per questo privilegio. Il rischio delle compensazioni è all’incirca il medesimo.
Un sistema del genere ha tre difetti principali:
- L’ineguaglianza: permette a chi ha una maggiore capacità di spesa di liberarsi del peso delle proprie azioni pagando perché altri ne assumano le conseguenze; questo rischia di generare maggiori emissioni eliminando il dovere morale di riduzione.
- L’incertezza scientifica dei meccanismi: misurare le emissioni e le relative compensazioni necessarie non è semplice; di solito si usano approssimazioni, e per questo non è sempre detto che pur pagando si ottenga nei fatti una compensazione completa delle proprie emissioni.
- I limiti pratici dei meccanismi: sì, perché come sempre “chi controlla i controllori?”, cioè coloro che dovrebbero garantire che l’albero piantato per compensare il mio volo rimanga in piedi per il tempo necessario a farlo? Alcuni meccanismi di compensazione (come il REDD+, il più conosciuto del mondo) sono stati oggetto di critiche, perché incapaci di assicurare l’effettiva compensazione delle emissioni per cui venivano pagati. Per far sì che il meccanismo delle compensazioni sia affidabile, è necessario assicurarsi che tale sistema ottenga i risultati promessi, e che le emissioni “ricatturate” non lo sarebbero state senza il pagamento, evitando così che vengano pagate due volte.
Cosa fare, allora?
Per le ragioni menzionate sarebbe fuorviante confidare nelle compensazioni come una panacea alle proprie emissioni. Recenti ricerche hanno mostrato quanto la ricchezza influisca su consumi ed emissioni individuali (il 10% del mondo più ricco, che in media include anche l’Italia, emette tanto quanto il restante 90%). Questo indica che avremmo molto da compensare ma, come abbiamo visto, il sistema delle compensazioni non è esente da rischi e incertezze.
L’azione climatica che dovremmo intraprendere, allora, rimane quella della maggiore riduzione possibile, ovunque sia possibile: i Paesi sviluppati devono applicare le tecnologie disponibili per ridurre i propri impatti, ma anche ridimensionare consumi spropositati che hanno conseguenze deleterie sul sistema ambientale globale; quelli più vulnerabili devono venire aiutati a ridurre le proprie emissioni e ad adattarsi al cambiamento climatico.
Le compensazioni devono funzionare come ausilio ad azioni già climaticamente virtuose, affinché l’obiettivo che non riusciamo a ottenere oggi in termine di riduzioni (perché viaggiare in aereo ci è davvero necessario, ad esempio) possa venire comunque raggiunto, sebbene in maniera imperfetta; cercando poi, per il futuro, di minimizzare le cause primarie di emissioni.
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