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COP: Breve guida alle conferenze sul clima, da Kyoto a oggi

COP: Breve guida alle conferenze sul clima, da Kyoto a oggi

Da Kyoto a oggi, 25 anni di negoziazioni sul clima.

A cura di Chiara Falduto & Marta Arbinolo

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso delle negoziazioni internazionali sul clima. Se molti di voi conoscono il Protocollo di Kyoto e il tanto discusso Accordo di Parigi, forse non tutti sapranno che questi sono solo due dei principali risultati di una serie di conferenze (le COP) che dal 1995 impegnano annualmente i governi di tutto il mondo. In 27 anni di storia, la comunità internazionale ha prodotto accordi, stabilito impegni e chiarito responsabilità che hanno definito l’approccio mondiale al cambiamento climatico.

 

 Ma quali sono le principali tappe da ricordare? Questa breve guida alla storia delle negoziazioni ve lo spiega in 3 minuti.

 

 Innanzitutto, COP è l’acronimo inglese di Conference of the Parties (Conferenza delle Parti) e si riferisce all’organo direttivo di trattato (o convenzione) internazionale. Nel caso del cambiamento climatico, la convenzione di riferimento è quella della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC).

 

Un po’ di storia: dalla COP1 alla COP25

La crescente preoccupazione da parte della comunità scientifica sui potenziali effetti del cambiamento climatico spinse le Nazioni Unite, nel 1992, a dotarsi di un quadro d’azione per combattere l’aumento delle temperature: l’UNFCCC.

 

La stragrande maggioranza dei Paesi (ad oggi 197) si unirono sin da subito a questo nuovo trattato internazionale, chiamato appunto UNFCCC, impegnandosi a trovare strategie per ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra – causa principale del surriscaldamento globale.

 

Nel 1995, i Paesi (o Parti) aderenti all’UNFCCC diedero il via alle primissime negoziazioni sul clima, riunendosi a Berlino nella prima Conferenza delle Parti, la COP1. Fu Angela Merkel a presiedere la prima COP.

 

Le conferenze sul clima da Kyoto a oggi

 

COP3: Il Protocollo di Kyoto (1997)

La prima grande conquista della comunità internazionale sul clima fu la stesura del Protocollo di Kyoto, il primo trattato internazionale che prevedeva un impegno concreto e giuridicamente vincolante da parte dei Paesi sviluppati a diminuire le proprie emissioni. Nello specifico, il Protocollo di Kyoto richiedeva una diminuzione del 5% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990, da realizzarsi entro il 2012. La ratificazione del Protocollo da parte dei Paesi fu molto lenta, in quanto quello del cambiamento climatico era ancora un argomento molto controverso. Il Protocollo di Kyoto ottenne le firme necessarie per entrare in vigore solo nel 2005.

 

COP13: La Bali Road Map (2007)

Alla tredicesima conferenza, i Paesi adottarono la cosiddetta Bali Road Map, un piano che ancora oggi struttura le negoziazioni in quattro temi principali: mitigazioneadattamentofinanza climatica e tecnologia.

 

COP14: Aiutare i Paesi in via di sviluppo (2008)

Con la COP14, svoltasi in Polonia, avvenne il lancio dell’Adaptation Fund, un fondo stanziato per sostenere i Paesi in via di sviluppo nei loro progetti di adattamento al cambiamento climatico.

 

COP15: L’Accordo di Copenaghen (2009)

Per la prima volta, alla COP15 di Copenaghen, si parla di cercare di contenere l’aumento della temperatura media mondiale al di sotto dei 2°C. L’Accordo di Copenaghen, tuttavia, è spesso etichettato come “un’occasione persa”. Gli impegni presi dai Paesi in questa occasione, infatti, non erano vincolanti e sicuramente non abbastanza ambiziosi. Inizia a delinearsi così la necessità di produrre un accordo più dettagliato che vincoli legalmente l’intera comunità internazionale alla lotta al cambiamento climatico.

 

COP17: Un nuovo accordo universale (2011)

Alla COP17 di Durban, in Sudafrica, si capisce l’importanza di dare un nuovo taglio alle negoziazioni internazionali sul clima, rendendole meno centralizzate, e lasciando ad ogni Paese il compito di stabilire il contributo che intende dare per limitare il cambiamento climatico. I Paesi decidono quindi di iniziare a lavorare ad un nuovo accordo universale sul clima, da raggiungere entro il 2015 (il futuro Accordo di Parigi).

 

COP21: L’Accordo di Parigi (2015)

Lo storico accordo firmato nel 2015 prevede l’impegno, da parte di tutta la comunità internazionale, di mantenere l’aumento totale della temperatura ben al di sotto dei 2°C, e possibilmente entro 1.5°C. Per fare questo i Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi si impegnano a ridurre drasticamente le proprie emissioni nei prossimi anni per arrivare, nel 2050, a zero emissioni nette, una situazione in cui i (pochi) gas a effetto serra emessi vengono completamente riassorbiti da foreste, oceani e da tecnologie di cattura e sequestro del carbonio. Uno dei principali elementi introdotti dall’Accordo di Parigi è la produzione, da parte di ogni Paese, di una Nationally Determined Contribution (NDC) – cioè un piano da aggiornare e ripresentare ogni 5 anni che delinei in modo chiaro e conciso la strategia che ogni Paese intende adottare per mitigare (ridurre le emissioni) e adattarsi (ridurre gli impatti) ai cambiamenti climatici.

Il futuro delle negoziazioni: COP26 e oltre

La prossima tappa è la COP26, ospitata dal governo britannico a Glasgow – in partnership con l’Italia – proprio in questi giorni. Con un anno di ritardo dovuto alla pandemia, che ha fatto saltare l’annuale appuntamento delle negoziazioni della COP nel 2020, ci sono grandi aspettative per questo evento.

 

Alla COP26, la comunità internazionale si occuperà di risolvere alcuni importanti dettagli dell’accordo di Parigi. In primo luogo ci si aspetta che, con la COP26, venga finalizzato il Paris Rulebook – ovvero il documento che guiderà l’implementazione dell’accordo di Parigi negli anni a venire. Tra i punti da ultimare, ci sono per esempio le tabelle per la rendicontazione di informazioni fondamentali che i paesi saranno tenuti a comunicare regolarmente all’UNFCCC – ad esempio, gli inventari di gas effetto serra e il supporto finanziario fornito ai paesi in via di sviluppo. 

 

Fondamentale sarà anche finalizzare la regolamentazione dei mercati del carbonio.  Quest’ultimo punto è particolarmente spinoso: i Paesi avrebbero dovuto finalizzare tali regolamentazioni nel 2018, ma ad oggi non sono riusciti a raggiungere un accordo a causa della natura molto politica dell’argomento. 

 

Altri temi caldi ai tavoli negoziali di Glasgow la necessità di una maggiore ambizione politica per raggiungere gli obiettivi prefissati, soprattutto in termini di adattamento al cambiamento climatico e di finanza climatica.

 

Negoziazioni a parte, gli occhi saranno puntati sui grandi emettitori: ci si aspetta infatti che nuovi target di riduzione delle emissioni vengano annunciati da alcuni Paesi firmatari dell’Accordo di Parigi. 

 

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**Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di altre organizzazioni ad essa collegate**

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