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#COP24: Di cosa si è discusso a Katowice

#COP24: Di cosa si è discusso a Katowice

 

Dal 2 al 15 dicembre 2018 il governo polacco ha ospitato a Katowice la COP24, la ventiquattresima Conferenza sul clima. Oltre 23.000 delegati si sono ritrovati in questa anonima città, capitale polacca dell’industria del carbone, con l’obiettivo di finalizzare il “Paris Rulebook”, la guida all’implementazione dell’Accordo di Parigi.

Il Paris Rulebook è un elemento fondamentale per realizzare l’Accordo di Parigi. 133 pagine descrivono nel dettaglio tutti gli aspetti tecnici e le linee guida che serviranno ai paesi membri per mettere in pratica ogni articolo dell’Accordo. Ad esempio, se l’Articolo 4 dell’Accordo recita che i paesi devono preparare ed inviare all’UNFCCC una “Nationally Determined Contribution” (una strategia nazionale che sia in linea con l’obiettivo dell’accordo di limitare l’aumento della temperatura a 2°C), il Paris Rulebook definisce come questi NDC devono essere realizzati, quali parametri devono rispettare, cosa devono contenere e ogni quanto e come devono essere prodotti.

Ci sono voluti tre anni per riuscire a completare il Rulebook: i delegati hanno iniziato a discuterne i dettagli subito dopo aver firmato l’Accordo di Parigi nel 2015. Mettere d’accordo quasi 200 paesi su numerosi cavilli tecnici richiede tempo, e raggiungere il consenso non è cosa immediata. Dietro alle negoziazioni, inoltre, si celano spesso strategie politiche ed obiettivi ben più complessi.

Nonostante essere riusciti a completare il Paris Rulebook sia un enorme passo avanti nella storia delle negoziazioni sul clima, sotto numerosi aspetti questo documento non è sufficientemente ambizioso per rispondere in modo adeguato alla minaccia climatica. Tra i numerosissimi elementi contenuti nel Paris Rulebook, quattro sono i principali:

Nationally Determined Contributions (NDCs): i contributi determinati a livello nazionale

L’Articolo 4 dell’Accordo di Parigi richiede ad ogni paese firmatario del trattato di sviluppare, con cadenza quinquennale, un NDC, ovvero una strategia nazionale che indichi gli impegni concreti che il paese intende prendere per mantenere l’aumento della temperatura sotto i 2°C. Il Paris Rulebook definisce le linee guida per sviluppare il prossimo ciclo di NDC, che partirà nel 2020, e invita i paesi che hanno già presentato un NDC a riformularlo, per renderlo più ambizioso.

Negli ultimi tre anni, ben 181 paesi hanno preparato il loro primo NDC. Fino ad ora, tuttavia, non esistevano chiare indicazioni su cosa gli NDC dovessero contenere esattamente.  Il Paris Rulebook, quindi, stabilisce dei parametri comuni per la loro compilazione e rende obbligatoria l’inclusione di misure atte a limitare le emissioni di gas serra. Gli NDC presentati fin’ora, infatti, sembrerebbero non essere in linea con l’obiettivo dell’Accordo, mettendoci in rotta per un aumento di almeno 3°C.

Mercato del carbonio

L’argomento più ostico delle discussioni della COP24 è stato il famigerato Articolo 6 dell’Accordo, che parla dei mercati del carbonio. Per riuscire a ridurre le emissioni in modo efficiente, l’Accordo di Parigi propone di istituire un meccanismo di mercato che permetta ai paesi virtuosi che raggiungono ed eccedono gli obiettivi di mitigazione esposti nel proprio NDC, di “convertire” questi eccessi in crediti, che potranno poi scambiare con i paesi che invece non sono riusciti a raggiungere il loro obiettivo. Stabilire un sistema efficiente che tenga conto di tutti questi scambi è però molto difficile. Dopo due settimane di negoziazione, i delegati non sono riusciti a raggiungere un compromesso, e questo argomento verrà ridiscusso nel 2019, alla COP25.

Finanza climatica

L’Articolo 9.1 dell’Accordo di Parigi stabilisce che i paesi sviluppati devono fornire risorse finanziarie per assistere i paesi in via di sviluppo nei loro sforzi di mitigazione (riduzione delle emissioni) ed adattamento al cambiamento climatico. Il Paris Rulebook presenta linee guida per stabilire nuovi obiettivi di finanziamento a partire dal 2025.

Storicamente, i paesi più sviluppati (Europa e Stati Uniti, tra gli altri) sono i più grandi emettitori di gas serra e, quindi, i principali responsabili del cambiamento climatico. Al contrario, i paesi che più ne soffrono sono i paesi in via di sviluppo, che spesso non hanno i mezzi necessari per affrontarne e limitarne le conseguenze. Quando si discute di finanza climatica, quindi, si discute di come i paesi sviluppati possano aiutare i paesi in via di sviluppo – tramite prestiti, donazioni ed altri strumenti finanziari – ad affrontare il cambiamento climatico. L’obiettivo attuale, stabilito nel 2009 e confermato con l’Accordo di Parigi, è quello di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per finanziare attività di mitigazione o adattamento. Questo obiettivo, di per sé poco ambizioso, non è ancora stato raggiunto; nel 2016 i finanziamenti mobilitati ammontavano ad un totale di $70 miliardi. Alla fine delle discussioni, diversi paesi europei, tra cui la Germania, si sono impegnati a raddoppiare il proprio contributo finanziario.

Trasparenza

Per aumentare la fiducia reciproca e rendere più efficace l’Accordo di Parigi, si è voluto ricorrere ad un “Quadro di Trasparenza Intensificata” (Enhanced Transparency Framework) – citato nell’Articolo 13, che definisce quanto spesso e quanto dettagliatamente i vari paesi debbano riportare informazioni sui propri sforzi per contrastare il cambiamento climatico. Il Paris Rulebook contiene linee guida sul come stilare questi rapporti nazionali, definendone i contenuti e la metodologia.

La grande innovazione del Paris Agreement rispetto ad accordi precedenti è quella di aver finalmente superato l’ostacolo delle linee guida “biforcate”. Prima dell’Accordo, paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo dovevano seguire linee guida differenti, che rispecchiassero le diverse capacità dei due gruppi. Ad esempio, per il Ghana, stilare un rapporto dettagliato sulla situazione ambientale domestica è molto più difficile che per un paese europeo, che possiede più risorse e strumenti. Il Paris Rulebook, invece, stabilisce un unico set di linee guida per tutti i paesi. Alcune clausole, come il cosiddetto “Meccanismo di flessibilità”, permettono ai paesi in via di sviluppo di riportare meno dettagli, ma solo per un determinato periodo di tempo, nell’ottica di continuare a migliorare le proprie capacità di monitoraggio.

Alla fine delle due settimane di negoziazioni, il risultato in questo ambito è stato più che positivo. Le regole indicate nel Rulebook sono sufficientemente dettagliate e ci permetteranno di avere, in futuro, rapporti nazionali di maggiore qualità. Una reportistica completa è fondamentale per capire cosa è stato fatto finora e cosa ci manca ancora per riuscire a limitare il riscaldamento globale.

La COP24 è stata una tappa fondamentale nel lungo percorso delle negoziazioni internazionali sul clima. La comunità internazionale si sta rendendo conto che rimane poco tempo per limitare in modo significativo gli effetti del cambiamento climatico. Le negoziazioni di quest’anno hanno visto i delegati impegnati 24 ore su 24 per ben 13 giorni. La strada da fare è ancora molta ma, nonostante il Paris Rulebook non sia ambizioso come sperato, i risultati sono stati tutto sommato positivi.

Nel 2015, George Monbiot, giornalista del Guardian, scriveva in merito all’Accordo di Parigi: “Rispetto a quello che avrebbe potuto essere, è un miracolo. Rispetto a quello che avrebbe dovuto essere, è un disastro”. Lo stesso si potrebbe dire del Paris Rulebook. Ora bisogna pensare a rispettarlo.

**Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di altre organizzazioni ad essa collegate**

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