corridoi ecologici

Cosa sono i corridoi ecologici, e come proteggono la biodiversità

Cosa sono i corridoi ecologici, e come proteggono la biodiversità

La frammentazione delle aree naturali mette a rischio la biodiversità. I corridoi ecologici sono in questo contesto una soluzione molto efficace, anche in ottica di adattamento ai cambiamenti climatici. 

di Erika Stellini 

Inquilino da poco più di 200.000 di anni sulla Terra, l’uomo riesce con molta difficoltà a immaginare un mondo diverso da quello in cui ora vive, ma che è riuscito a cambiare nella quasi totalità degli elementi, dalla composizione dell’atmosfera a quella dell’acqua dell’oceano, passando per la superficie terrestre. È proprio su quest’ultima che, da milioni di anni, l’uomo costruisce strade ed edifici, creando così aree urbane connesse tra loro.

 

La crescente urbanizzazione ha portato alla progressiva perdita degli habitat esistenti prima delle costruzioni antropiche, frammentando il territorio per le specie che li abitavano. Per esempio, la FAO ha stimato che dal 1990 al 2020 sono stati distrutti circa 186 milioni di ettari di foreste e boschi (su un totale di 4.06 miliardi di ettari, circa il 31% della superficie terrestre), a causa della costruzione di strade ed edifici.

 

Un corridoio verde in Canada

La frammentazione delle aree naturali a causa della crescente urbanizzazione non ha conseguenze infauste solo in termini di emissioni di gas serra. Per alcune specie abituate a spostarsi in precisi momenti dell’anno alla ricerca di cibo o di luoghi adatti alla riproduzione, la frammentazione dell’habitat causata dalle attività umane ha avuto un impatto fortemente negativo. Come uscire da questa situazione?

 

Il primo a provarci è stato probabilmente lo scienziato naturalista Tony Clevenger, all’inizio degli anni ‘80. Clevenger si era reso conto che la Trans-Canada Highway, costruita dividendo il Parco Nazionale di Banff, aveva provocato danni ai processi riproduttivi delle alci, incapaci di trovare risorse necessarie per vivere nella zona del parco delimitata dalla strada, ma allo stesso tempo impaurite dalle vetture che la transitavano e che quindi ne impedivano lo spostamento. 

 

Lo scienziato e il suo team decisero di installare videocamere ai lati della strada con lo scopo di studiare in quali zone avvenisse, o tentasse di avvenire, lo spostamento delle giovani alci. In questi punti precisi, il team optò per la costruzione di un ponte che congiungesse una parte del parco all’altra e sul quale potessero spostarsi solamente gli animali. 

 

Ancora oggi, di questo ponte e di molti altri che lo hanno succeduto, si parla con il nome di «corridoi ecologici», cioè sistemi interconnessi di aree volte a salvaguardare la biodiversità connettendo tra loro zone divise da elementi antropologici.

 

Il corridoio ecologico del Parco Nazionale di Banff ha portato effetti positivi sia sulla vita degli animali, sia su quella delle persone: se in passato si contavano oltre 100 collisioni all’anno tra vetture e animali all’interno del Parco, nel 2017 se ne è contata una scarsa dozzina.

 

Costruire per connettere

 Ogni rete ecologica nasce da un’area centrale, o core area, zona naturale già soggetta a un regime di protezione, come possono essere i parchi naturali o le riserve. Le aree centrali sono delimitate da fasce di protezione, o buffer zones, che garantiscono la lieve progressione da habitat naturale ad habitat artificiale e che sono connesse tra loro tramite i corridoi ecologici, elementi fondamentali che definiscono gli spostamenti degli animali da un’area centrale a un’altra. 

 

I corridoi, oltre a consentire il passaggio tra core areas, favoriscono il transito delle specie anche in altre aree di superfici ridotte, dette anche stepping zones, come stagni o laghetti, che possono essere fondamentali per la sopravvivenza di alcune specie. In questo modo, i corridoi determinano la salvaguardia della biodiversità in aree in cui l’uomo ha costruito e diviso degli ecosistemi naturali. 

 

 

L’importanza di queste costruzioni è stata riconosciuta da gran parte delle Convenzioni delle Nazioni Unite. Ne sono esempi la Convenzione sulla Diversità Biologica del 1992, approvata al Vertice della Terra di Rio de Janeiro, che ha focalizzato l’attenzione sull’importanza di preservare la biodiversità e di non recare danno agli ecosistemi naturali esistenti; e il Programme of Work on Protected Areas del 2004, che cerca di proteggere ampie porzioni terrestri e marine al fine di salvaguardare e mantenere passaggi utili alle specie divise dalle azioni umane.

 

Qualche esempio dal mondo e dall’Italia

L’esempio canadese del Parco di Banff è stato riprodotto in diversi paesi, ma è proprio il Canada, insieme agli Stati Uniti a vantare una delle reti con corridoi ecologici più vasta ed efficace al mondo: con il coinvolgimento del Governo e di più di 300 organizzazioni pubbliche e private, l’obiettivo del progetto Yellowstone to Yukon Conservation Initiative (Y2Y) è quello di mantenere un collegamento tra i 3200 km delle Rocky Mountain dal Wayoming (negli USA) allo Yukon (in Canada). 

 

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Fonte: y2y.net

 

Nel mondo sono nati diversi progetti volti al collegamento tra aree divise a causa dell’azione umana, come tra il Nepal e l’India per tutelare specie minacciate come l’elefante asiatico, il rinoceronte indiano e la tigre del Bengala; e in Australia, dove è stata costruito un corridoio esclusivamente a uso dei granchi rossi, che migrano ogni anno verso l’oceano per riprodursi. 

 

A livello europeo è nata la cintura verde, lunga oltre 8.500 chilometri, che attraversa paesi dalla Finlandia fino alla Grecia, dal Mare di Barents al Mar Nero, per collegare le aree centrali presenti sui territori che una volta erano divisi dalla Cortina di Ferro

 

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Fonte: europeangreenbelt.org

 

Esiste anche qualche esempio italiano. La connessione tra il Parco del Campo dei Fiori e il Parco del Ticino, in provincia di Varese, è frutto di una collaborazione tra le istituzioni locali e le organizzazioni per la creazione di due corridoi, uno a est – tra le aree protette del lago di Varese, le zone di Brebbia fino alle aree agricole di Casale Litta – e uno a ovest della provincia – tra i folti boschi di Malgesso fino alle aree agricole di Osmate e Lentate Verbano. 

 

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Corridoi ecologici 4Fonte: fondazionecariplo.it

 

Sempre in Lombardia, grazie alla collaborazione tra amministrazioni comunali, enti del territorio e aziende, è nato il progetto Sistema Olona – tra l’alta provincia di Varese e la Svizzera. A causa dell’innalzamento delle falde acquifere, è venuta a crearsi spontaneamente in quest’area una zona umida di 12 ettari, presto popolata da piante, anfibi, rettili, uccelli (oltre 120 specie). Per tutelarle, il progetto ha adottato sistemi e impianti anti-collisione innovativi volti a evitare il fenomeno del roadkill, cioè l’impatto tra veicoli e fauna – proprio come accadeva sulla Trans-Canada Highway – e ha impegnato attivamente la cittadinanza per proteggere l’area con l’istituzione di laboratori, corsi e workshop di sensibilizzazione.

 

Secondo Antonio Nicoletti, responsabile nazionale di Parchi e Aree Protette di Legambiente, sarebbe “un grave errore pensare che, con la crisi ambientale, sociale ed economica che stiamo attraversando e che ci minaccia, la tutela della biodiversità sia un lusso che il Paese non possa permettersi”. Investimenti su infrastrutture a tutela della biodiversità devono essere una priorità per l’Italia. Cambiare rotta è ancora possibile, ma è essenziale monitorare i cambiamenti e capirne le implicazioni adattando gli obiettivi di conservazione: cambiamenti climatici e perdita di biodiversità, facce dello stesso conto salato che la Terra ci presenta, sono tra le sfide più importanti che siamo chiamati ad affrontare.

 

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