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Crisi climatica, una crisi di sistema

Crisi climatica, una crisi di sistema

L’allarme lanciato dal Presidente della Repubblica Mattarella, secondo il quale siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, non è un’uscita improvvisa, ma una preoccupazione fondata e supportata dalle più recenti ricerche scientifiche. Secondo Mattarella, per affrontare la crisi climatica occorrono misure paradigmatiche, trasformative e concordate a livello globale. Al contrario, una visione miope e non condivisa tra i paesi non è sufficiente per affrontare il problema in modo efficace ed evitare di raggiungere un punto di non ritorno.

Un problema di sistema

Anche noi la pensiamo come Mattarella: il cambiamento climatico rappresenta una crisi di sistema. Il clima che cambia è un fenomeno che impatta, pur se in misura e con modalità differenti, tutti i sistemi umani – come la società e l’economia – oltre a quelli naturali. Per questo motivo, comprendere a fondo il cambiamento climatico è estremamente complicato. Se capirne le cause e gli effetti tangibili – comunicandoli in modo efficace – non è cosa da poco, immaginate quanto sia difficile prevederne le conseguenze sui sistemi sociali ed economici articolati che caratterizzano il nostro tempo.

La complessità del tema e l’intrecciarsi di diverse dimensioni (chimica, fisica, economico-sociale, culturale, e via discorrendo) fa sì che spesso gli effetti del cambiamento climatico vengano trattati in modo isolato, senza adottare un approccio sistemico ed interdisciplinare. Tuttavia, per calcolare il danno economico e sociale del cambiamento climatico, è necessario considerare tutti i rapporti di causa-effetto e tutte le dimensioni in gioco allo stesso momento. Probabilmente, i danni sono di più ampio respiro ed avranno una matrice molto più intrecciata e complessa, toccando svariati aspetti della stabilità politica e sociale mondiali.

Proviamo a portare ad esempio un indicatore di cui si sente parlare spesso come il PIL. Come è possibile stimare ciò che accadrà al Prodotto Interno Lordo italiano nel caso di un aumento di due gradi centigradi della temperatura media globale? Se siccità ed eventi climatici estremi aumenteranno su tutto il territorio italiano, i danni sui settori agricolo e turistico sarebbero significativamente alti. La siccità che ha colpito l’Italia nel 2017, per esempio, ha causato un danno economico del settore agricolo di circa due miliardi di euro.

Tuttavia, il cambiamento climatico non influisce sul PIL italiano solo in maniera diretta, come nel caso dei danni causati dalla siccità. Come tenere conto, allora, dell’effetto che potrebbero avere sulla nostra economia i nuovi flussi migratori dettati dal cambiamento climatico, i fenomeni meteorologici estremi o la perdita di biodiversità? È plausibile che questi fenomeni comporteranno effetti a catena, determinando ulteriori tensioni sociali, politiche, economiche e culturali. Misurare questi effetti è importante quanto complicato.

Il primo studio sistemico

Il mese scorso è uscito un primo studio che apre la strada verso un approccio sistemico allo studio degli effetti del cambiamento climatico. L’Institute for Public Policy Research di Londra ha adottato un orientamento profondamente interdisciplinare, considerando – oltre a cause e conseguenze prettamente economiche – anche le interconnessioni tra rischi, danni climatici, e fattori sociali, politici ed economici. Questo nuovo approccio risolve il problema della semplificazione eccessiva che purtroppo non ci ha dato, finora, una visione d’insieme degli scenari sociali ed economici futuri.

La ricerca dell’istituto londinese si pone come obiettivo quello di misurare la magnitudine ed il ritmo del cosiddetto “collasso (breakdown) ambientale”, fino ad ora probabilmente sottovalutati per la mancanza di un approccio sistemico nel calcolarli. Il collasso ambientale consiste in una crisi del nostro sistema generata da cause climatiche. La ricerca si propone di chiarire le implicazioni sociali del “collasso”, suggerendo la necessità di una trasformazione socio-economica e normativa che aiuti a prevenirlo. Tra i suggerimenti troviamo la necessità di non sottovalutare l’impatto dei futuri rischi climatici in ambito assicurativo, che nei settori dal basso impatto ambientale non sta investendo abbastanza. In futuro, questa scelta potrebbe evitare una profonda crisi del settore. Un altro aspetto rilevante sono proprio i rifugiati climatici, che aumenteranno a dismisura a livello mondiale. Secondo alcune stime, saranno un quinto della popolazione mondiale entro il 2100. Le nostre società potrebbero non essere pronte ad affrontare un’ondata migratoria di tale portata.

Nel complesso, la disgregazione ed il collasso ambientale agiscono ed agiranno sempre più come un “moltiplicatore di minacce“. In altre parole, le perturbazioni sociali ed economiche causate dai problemi ambientali avranno conseguenze di vasta portata per la stabilità dei paesi. Gli impatti del “collasso” ambientale saranno infatti trasmessi a tutti i settori attraverso il complesso sistema socio-economico della nostra società: se i prezzi del cibo si alzeranno in alcuni paesi, questo comporterà una drastica conseguenza in altri. Ecco che la complessità del processo crea interdipendenze, non solo economiche. Il degrado ambientale influirà infatti non solo sulla disponibilità di cibo o altre risorse, ma interagirà anche con la crescita della popolazione, il sottosviluppo, le tensioni politiche esistenti e i conflitti.

Insomma, il cambiamento climatico interagisce in moltissime forme con i sistemi naturali ed umani, già di per sé straordinariamente articolati, e ne aumenta la complessità ed il degrado. Lo studio di cui abbiamo parlato – “Questa è una crisi: affrontare l’era del collasso ambientale” – è un primo passo verso l’utilizzo di informazioni provenienti da diverse discipline, per evitare di affrontare il tema del cambiamento climatico in compartimenti stagni che non dialogano tra loro. Per capirne e prevenirne gli effetti, scienziati, politici, sociologi, economisti, urbanisti e psicologi, dovranno unire le forze per sviluppare un ragionamento che sia, prima di tutto, sistemico.

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