Quanto è verde il Decreto Rilancio dell’Italia?
Il Decreto per rilanciare l’economia italiana punta su mobilità sostenibile ed efficientamento energetico, ma con poca ambizione.
Lo shock economico e sociale causato dal COVID-19 ha spinto i governi a stilare pacchetti di ripresa (“recovery packages”) atti a stimolare un risveglio economico. Un po’ in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, nel maggio 2020 l’Italia ha pubblicato il Decreto Rilancio: un piano da 55 miliardi di euro che, in 266 articoli, racchiude tutte le misure varate dal Consiglio dei Ministri per sostenere l’economia Italiana in questi tempi di crisi.
I pacchetti di ripresa, o di rilancio, rappresentano una grande opportunità per ripensare l’attuale modello economico e per fare un passo in avanti verso una gestione più consona della crisi climatica e ambientale. Infatti, affinché la ripresa economica dalla crisi del COVID-19 sia sostenibile e resiliente nel tempo, è necessario evitare un ritorno al “business as usual” (tradotto: allo status quo, cioè ad attività fatte nello stesso modo di prima, senza un vero cambiamento trasformativo), e a modelli e attività di investimento nocivi per l’ambiente e per il clima. Il rischio, altrimenti, è che l’insorgere o il peggiorare di emergenze ambientali globali come il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità possano causare danni sociali ed economici molto più grandi di quelli causati dal COVID-19.
Numerosi Paesi hanno avanzato pacchetti completi che, oltre a porsi come obiettivo un miglioramento della condizione economica sfavorevole, hanno posto il cambiamento climatico al centro del dibattito. Per fare un esempio: il pacchetto di ripresa tedesco, approvato lo scorso giugno, prevede investimenti per 130 miliardi di euro; di questi, oltre un terzo (50 miliardi) sarebbero dedicati a promuovere una Germania “future-friendly” (favorevole al futuro) e con un forte focus sulla transizione energetica e una rivoluzione del sistema della mobilità e dei trasporti.
Il Decreto Rilancio italiano si differenzia dai pacchetti di rilancio proposti da altri Paesi innanzitutto nella sua forma. Il Decreto-legge non presenta una narrativa politica e una visione strategica e coerente per il futuro dell’Italia, ma piuttosto propone una lista di misure e provvedimenti a volte slegati tra loro. Manca dunque un obiettivo strategico a lungo termine, che faccia da cornice all’idea di sviluppo sostenibile che il Paese si propone di raggiungere. La crisi climatica e l’ambiente, sebbene presenti, sono marginali, e i provvedimenti che li riguardano sono focalizzati per lo più sul trasporto sostenibile e sull’efficientamento energetico; interventi che andrebbero posti in un sistema di riforme più ampio e sistemico, e che invece alla forma attuale rischiano di non sortire gli effetti sperati.
In ogni caso, abbiamo dato un’occhiata approfondita a questi articoli del Decreto che propongono misure “verdi”. Vediamone pro e contro.
Mobilità sostenibile
Il Decreto Rilancio dedica diversi articoli alla tematica della mobilità sostenibile. In primis, l’Articolo 44 del Decreto stabilisce l’aumento del fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni: rispettivamente di 100 milioni per il 2020 e di 200 milioni per il 2021. Il fondo permette l’erogazione di contributi fino a 2000 euro per l’acquisto di un autoveicolo nuovo con emissioni CO2 fino a 110 g/km. L’articolo 229 prevede invece l’elargizione di un “bonus mobilità” per l’acquisto di “biciclette, anche a pedalata assistita, nonché di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica”.
Il bonus copre il 60% della spesa del mezzo, fino ad un tetto massimo di 500 euro, e sono solo i maggiorenni residenti in città con più di 500.000 abitanti ad averne diritto. Lo stesso articolo, inoltre, obbliga le aziende e le pubbliche amministrazioni con più di 100 dipendenti ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un Piano degli Spostamenti Casa-Lavoro (PSCL). Il PSCL avrebbe come scopo l’ideazione di nuove soluzioni di trasporto più sostenibile, indicando all’amministrazione locale dove e che tipologie di trasporti pubblici potrebbero essere potenziate e potenziando la co-mobilità. Un gestore della mobilità (mobility manager), presente in ogni azienda, avrebbe il compito di supervisionare e supportare la creazione di tali piani.
Le misure previste dal Decreto in merito a mobilità sostenibili toccano i punti giusti: ripensamento della mobilità urbana e promozione dei veicoli a basse emissioni; tuttavia, non sono sufficientemente ambiziose per stimolare una vera rivoluzione del sistema dei trasporti. Il settore dei trasporti in Italia è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali nazionali di gas ad effetto serra; per assicurare una riduzione delle emissioni significativa, bisognerebbe assicurare il passaggio dei cittadini dal trasporto privato al trasporto pubblico. Occorrerebbe quindi potenziare e rendere più capillare il sistema dei trasporti pubblici, in città così come nei distretti industriali densamente abitati, accostando necessari investimenti mirati a rinnovare la flotta di autobus urbani, acquistando veicoli elettrici. Promuovere l’acquisto di auto a basse emissioni è sicuramente importante, soprattutto per garantire garantire l’accesso alla mobilità ai cittadini residenti in zone poco servite dai trasporti pubblici.
Tuttavia, un passo più ambizioso sarebbe stato quello di garantire un bonus per il solo acquisto di auto elettriche. È chiaro che il futuro della mobilità privata è a zero emissioni: Paesi come la Norvegia, l’Islanda, l’Irlanda e la Svezia hanno annunciato che qualsiasi veicolo a benzina o diesel sarà vietato a partire dal 2025 o dal 2030. Promuovere ancora l’acquisto di veicoli a benzina, seppur Euro 6, lascerebbe l’Italia indietro nella corsa verso le zero emissioni nette. Inoltre, a un bonus per l’acquisto di autoveicoli elettrici andrebbero accostati ingenti investimenti per assicurare la disponibilità di colonnine elettriche di ricarica. Allo stesso modo, ad accompagnare un bonus per l’acquisto di biciclette, dovrebbe essere un insieme di progetti di riqualificazione urbana per creare piste ciclabili sicure, che permettano al cittadino di spostarsi liberamente per la città.
Efficientamento energetico
L’articolo 119 del Decreto Rilancio prevede un bonus per interventi di efficientamento energetico, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti fotovoltaici e installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. Il bonus è usufruibile da persone fisiche, onlus e associazioni che intendano aumentare di almeno due classi energetiche le prestazioni dell’abitazione o edificio. I lavori coperti dal bonus sono, a grandi linee, tre. In primis, interventi di isolamento termico del cappotto dell’edificio; in secundis, lavori mirati a sostituire impianti di climatizzazione invernali nelle parti comune dell’edificio e, infine, interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale di edifici monofamiliare con impianti di raffreddamento e riscaldamento a pompa di calore – un sistema estremamente efficiente dal punto di vista energetico. Per usufruire del bonus economico, la persona interessata può richiedere una detrazione fiscale del 110%; uno sconto sul costo dei lavori dai fornitori dei beni o servizi oppure una cessione del credito ai fornitori.
L’efficientamento delle prestazioni energetiche degli edifici è considerato uno dei punti chiave della transizione energetica verso un futuro a basse emissione. Il Decreto Rilancio, quindi, trasmette un messaggio politico molto importante nel promuovere lavori volti a migliorare la prestazione energetica degli edifici. Il bonus, tuttavia, presenta alcune criticità, prevalentemente legate alla sua implementazione. Per le famiglie a basso reddito o con scarsa disponibilità economica (ricordiamo che interventi di efficientamento energetico possono costare diverse migliaia di euro), la soluzione migliore sarebbe quella di non anticipare i costi dell’intervento, ma di chiedere invece uno sconto sul costo dei lavori o usufruire della cessione di credito.
Questo tuttavia vorrebbe dire che le imprese si troverebbero a dover anticipare di tasca propria il costo dell’intervento per poi poter iniziare a detrarre solamente dal 10 marzo dell’anno successivo. Bonus economici usufruibili tramite detrazione fiscale sono spesso complessi da reclamare, e potrebbero scoraggiare diversi consumatori. Sarebbe stato meglio proporre un bonus sotto forma di erogazione diretta per supportare lavori di efficientamento energetico per le famiglie con limitate disponibilità economiche.
Intuizioni giuste ma scarsa ambizione
Il Decreto Rilancio ci lascia un po’ perplessi. È difficile valutare nel complesso il gruppo di misure tanto diverse tra loro e prive di una visione d’insieme. Chiaramente, il fine del Decreto è quello di stimolare l’economia italiana con misure immediate che abbiano effetti nel breve termine. In questo contesto si è deciso di intervenire, ad esempio, nel caso del bonus per l’acquisto di autovetture, a livello di settori produttivi. Sarebbe tuttavia stato altrettanto importante gettare le basi per una trasformazione più profonda del sistema economico.
Come abbiamo notato anche nel caso del Decreto Clima, i pacchetti di misure politiche ed economiche adottate dal nostro Governo risultano spesso privi di ambizione e poco strutturati. Al nostro Paese manca ancora una chiara visione a lungo termine, che ci permetta di visualizzare alla linea del traguardo un’Italia moderna e verde, che sia il risultato di un percorso di trasformazioni infrastrutturali e sistemiche coerenti. Se il Decreto Rilancio è stata la risposta immediata per arginare le conseguenze economiche della crisi, ci auguriamo che nelle settimane a venire il Governo pubblichi un piano di sviluppo più lungimirante, che renda la ripresa post crisi più sostenibile e inclusiva.
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