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Costruire edifici con la CO2

Costruire edifici con la CO2

Un viaggio nelle tecnologie che trasformano l’anidride carbonica da rifiuto dannoso a potenziale risorsa. A partire dal cemento con cui costruiamo le nostre città.

di Silvia Pugliese e Giulia Perotti

Riutilizzare l’anidride carbonica

Ridurre le emissioni di gas serra, e in particolare quelle di CO2, rimane la sfida più importante per far fronte ai cambiamenti climatici. Tuttavia, per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1.5°C rispetto all’era preindustriale, sarà necessario anche sviluppare delle tecnologie che catturino l’anidride carbonica presente nell’atmosfera.

Una volta catturata, l’anidride carbonica viene spesso “stoccata” in appositi magazzini sotterranei. Ma esistono anche delle tecnologie, attorno alle quali cresce rapidamente l’interesse di governi, industrie ed investitori, che potrebbero permetterci di riutilizzarla. Queste tecnologie si dividono in due grandi categorie: quelle che utilizzano la CO2 così com’è – ad esempio per rendere frizzanti le bevande –  e invece quelle che la trasformano, attraverso processi chimici o biologici, in qualcosa di utile: carburanti, sostanze chimiche, o addirittura materiali da costruzione.

Nel 2019, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha pubblicato uno studio che individua le cinque tecnologie per l’utilizzo della CO2 più promettenti, sia in termini di costi che di quantità di anidride carbonica riciclabile. Abbiamo deciso di utilizzarlo come punto di partenza per scoprire pregi e difetti di queste tecnologie. 

In questo articolo parliamo di come utilizzare l’anidride carbonica per creare materiali da costruzione. Sì, si può fare.

 

Una questione di chimica

Quasi tutte le tecnologie che utilizzano la CO2 per creare materiali da costruzione si fondano su una reazione chimica fondamentale: la carbonatazione minerale. Durante questa reazione, dei minerali che contengono ossigeno e calcio reagiscono con l’anidride carbonica per produrre carbonato di calcio (CaCO3), meglio noto come calcare. Disciolti in acqua, la CO2 e il minerale fanno avvenire una semplice reazione che darà origine al calcare  il quale, in acqua, precipita come solido. 

 

Ca2+ + CO32- → CaCO3 + calore

 

La carbonatazione è un fenomeno che avviene in natura (e può coinvolgere non solo i minerali a base di calcio, ma anche magnesio) nel corso di migliaia di anni: ci vuole del tempo affinché i minerali di partenza si disciolgano, e l’anidride carbonica, dal canto suo, non è granché solubile in acqua. La reazione, tuttavia, può essere accelerata dall’uomo nei processi di fabbricazione artificiale, utilizzando concentrazioni di CO2 elevate e condizioni di reazione ottimizzate.

 

Cemento a impatto zero 

Il calcestruzzo è il materiale da costruzione più utilizzato al mondo, per via della sua elevata resistenza, la notevole durabilità e i vantaggi economici; ogni anno ne vengono prodotti più di un miliardo di tonnellate. Il cemento, che è il componente più importante del calcestruzzo, è prodotto dalla combustione di grandi quantità di calcare, con grandi quantità di CO2 generata durante il processo di produzione. Non a caso, l’industria del cemento è uno dei principali emettitori di anidride carbonica, generando fino al 5-8% delle emissioni prodotte dall’uomo a livello mondiale. 

Ad oggi, la maggior parte del calcare utilizzato per questi processi viene direttamente estratto da miniere. In un’ottica di circolarità, sarebbe invece vantaggioso riuscire ad ottenerlo direttamente dalla CO2. Diverse realtà si stanno muovendo in questa direzione.

La Global Cement and Concrete Association, che attualmente rappresenta circa il 35% della capacità di produzione di cemento del mondo, e di base nel Regno Unito, si è posta come obiettivo quello di fornire un calcestruzzo a “impatto zero” entro il 2050. Ad oggi, tuttavia, i leader nelle tecnologie che utilizzano la carbonatazione per produrre materiali da costruzione si trovano negli Stati Uniti: le prime due società al mondo si chiamano Solidia Technologies e CarbonCure, secondo la quale il cemento prodotto riciclando la CO2 potrebbe essere competitivo nel mercato edilizio già nel prossimo futuro.I ricercatori del team Carbon Upcycling della UCLA, invece, hanno lavorato a un processo che converte le emissioni di CO2 delle centrali elettriche e degli impianti industriali in un materiale da costruzione a basso impatto climatico, chiamato CO2CONCRETE. Il loro approccio sfrutta la carbonatazione per catturare e convertire direttamente alla fonte la CO2 contenuta nei gas di combustione degli impianti elettrici e industriali.

La CO2 può anche essere iniettata come parte del processo di riciclaggio di una vasta gamma di rifiuti minerali ricchi di calcio e magnesio (es. scorie, ceneri, polvere di fornace, sterili, ecc.) provenienti da vari settori industriali (energia, acciaio, cemento) per creare, ad esempio, calcestruzzo fresco, mattoni e blocchi da costruzione. Gli aggregati possono essere prodotti facendo reagire la CO2 con i materiali di scarto delle centrali elettriche o dei processi industriali. Una volta iniettata, la CO2 si trasforma chimicamente grazie alla carbonatazione ed è permanentemente immagazzinata nel calcestruzzo. 

Una compagnia leader nel settore, l’inglese Carbon8, converte circa 60.000 t/ anno di residui di incenerimento dei rifiuti solidi urbani in aggregati leggeri come componente di materiali da costruzione. Non solo, la compagnia riporta un tasso di assorbimento di 40 kg di CO2 per tonnellata di aggregato, anche se questo dipende dal tipo di materiale di scarto utilizzato.

Una conclusione

In conclusione, la carbonatazione offre un’alternativa molto allettante per il riutilizzo della CO2 perché i carbonati, i principali prodotti delle reazioni di carbonatazione, sono già utilizzati nei mercati dei materiali da costruzione. Inoltre, la chimica coinvolta nella produzione di carbonati a base di calcio e magnesio è ben nota e la carbonatazione può consumare grandi quantità di CO2 legandola chimicamente in carbonati di lunga durata richiedendo poca, se non nessuna, energia. In aggiunta, come abbiamo detto, la carbonatazione produce calore, che può, teoricamente, essere utilizzato. 

Per questi motivi, e per l’enorme dimensione del mercato dei materiali da costruzione, la carbonatazione minerale è considerata tra le vie più promettenti ed efficienti dal punto di vista energetico per il riutilizzo della CO2

Tuttavia, è bene ricordarsi di una cosa: il riutilizzo di CO2 non riduce necessariamente le emissioni, e la quantificazione dei suoi benefici climatici è molto complessa. Oltretutto, alcune di queste tecnologie richiedono molta energia e sono ancora relativamente giovani. Riciclare la CO2non vuol dire avere l’autorizzazione a continuare ad emetterne.

 

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