La danza dell’atomo: come funziona l’energia nucleare
Con l’avanzare della crisi energetica e della decarbonizzazione, ha ripreso vigore in Italia il dibattito sul nucleare. Nel primo episodio della serie Energie, parliamo proprio di questa fonte di energia.
di Diego Michielin
Il nucleare può essere considerato, a ragion veduta, croce e delizia delle fonti energetiche finora conosciute. Da un lato presenta una raffinata tecnologia che attinge le sue basi nella fisica particellare e permette lo sprigionarsi di una enorme quantità di energia. Dall’ altro a tale tecnologia si associa un corredo di rischi, principalmente ambientali – a causa dello smaltimento dei rifiuti radioattivi – e geopolitici – legati all’eventuale proliferazione di ordigni bellici. Ma come funziona una centrale nucleare? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa misteriosa e affascinante tecnologia?
Come avviene la reazione nucleare: fissione e fusione
Concentrandosi esclusivamente sulla produzione di energia elettrica e tralasciando gli altri scopi (ad es. militare e medico), l’energia nucleare viene prodotta attraverso due processi. Il più rodato, nonché applicato nella totalità delle centrali elettronucleari del mondo, si chiama fissione: in questo caso è la scissione dei nuclei di elementi chimici pesanti (e quindi con un elevato peso atomico, come l’uranio-235) a liberare energia atomica. Il secondo processo, avveniristico ma ancora in stato sperimentale, è la fusione. Questo processo avviene anche all’interno delle stelle e consiste nel concetto opposto alla fissione: l’energia atomica viene rilasciata durante la combinazione, e non la scissione, di elementi chimici leggeri (tipicamente l’idrogeno, il cui nucleo è composto solo da un protone).
Ciò che avviene all’interno del nocciolo di una centrale nucleare è quindi la fissione nucleare, che può essere spiegata sinteticamente come segue. Tramite il rilascio di una sorgente di neutroni primaria, un nucleo di uranio assorbe un neutrone, si divide e rilascia quindi dei sottoprodotti: due nuovi nuclei (chiamati frammenti di fissione), altri neutroni (che andranno ad alimentare la reazione a catena, colpendo altri nuclei di uranio e ripetendo il processo appena descritto) ed energia.
Immaginiamolo così: l’inizio della reazione è come il nostro dito che spinge la prima tessera di un domino. Attivando la reazione la prima tessera cade e ne colpisce altre due e, nel frattempo, genera energia. Le due tessere a loro volta innescheranno la stessa reazione e così via, in un sistema energetico dal potenziale esponenziale!
Non a caso le reazioni all’interno del nocciolo vengono controllate da apparecchiature predisposte, denominate barre di controllo. Esse sono un insieme di canali metallici riempiti da una sostanza definita “avvelenante” dato che assorbe i neutroni del processo ed è quindi in grado di rallentare o spegnere la reazione a catena.
Come funziona una centrale nucleare
Dal punto di vista funzionale, una centrale elettronucleare a fissione non differisce molto da una tradizionale centrale termoelettrica a carbone o gas naturale: l’energia prodotta viene trasformata in calore per riscaldare l’acqua che, sotto forma di vapore, procede quindi in una turbina accoppiata a un generatore. La turbina, girando, produce energia meccanica che il generatore trasforma in energia elettrica pronta all’uso.
Quello che cambia maggiormente però è il cuore del sistema. Se in una centrale termoelettrica questo è costituito a tutti gli effetti dalla caldaia (il generatore di vapore), in una centrale nucleare il processo parte dal reattore. Esistono numerosi reattori: il più comune e utilizzato al mondo è ad acqua leggera (cioè naturale, non distillata) pressurizzata. Il nocciolo del reattore si presenta esternamente come un grande cilindro metallico, al cui interno sono alloggiate le barre di combustibile fissile (comunemente uranio-235) e le barre di controllo necessarie per regolare la reazione.
Tramite appositi ingressi e uscite, l’acqua scorre nel nocciolo, catturando l’energia rilasciata dalla fissione sotto forma di calore e fungendo quindi da moderatore della reazione di fissione (rallenta i neutroni e aiuta la reazione a catena).
È importante sottolineare che l’acqua non viene – ovviamente – rilasciata nell’ambiente ma impiegata in un circuito chiuso, cedendo il proprio calore ai successivi passaggi e riprendendo poi il ciclo. Possiamo vedere meglio il processo nel grafico qui sotto.
I benefici del nucleare
Il motivo principale per cui, nel contesto della decarbonizzazione, il nucleare viene definito come tecnologia “verde” è che la produzione di energia elettrica dalle centrali non emette anidride carbonica o altri gas a effetto serra come le usuali centrali termoelettriche a carbone o gas naturale. Le basse emissioni rimangono tali anche quando viene considerato l’intero ciclo di infrastruttura e distribuzione logistica. A tal proposito l’energia nucleare produce in termini mediani 18 gCO2eq/kWh, comparabili alle medesime emissioni della produzione idroelettrica (19 gCO2eq/kWh) .
Seppur controintuitivo – quanto meno per le credenze diffuse nell’opinione pubblica – anche la sicurezza di un impianto nucleare è alta. Gli impianti sono infatti dotati di sistemi di sicurezza ridondanti, elaborati attraverso i dettami dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che supervisiona e regola la gestione dell’energia atomica in tutto il globo.
Negli anni, poi, questi sistemi sono stati ulteriormente perfezionati grazie alla consapevolezza scaturita dai tragici e famosi incidenti di Three Mile Island, Černobyl’ e Fukushima, con il risultato che oggi la mortalità legata alla produzione elettrica nucleare è molto più bassa rispetto a quella legata alla produzione di energia attraverso altre tecnologie (energia da carbone, energia da combustibili fossili, energia idroelettrica).
Basta guardare ai numeri: l’indice di mortalità della produzione nucleare – misurato attraverso il numero di decessi per quantitá (TWh) di elettricità generata – è di 0.03, sensibilmente più basso se confrontato con i dati di lignite (32.72), carbone (24.62) o petrolio (18.43). Quando parliamo di combustibili fossili, infatti, parliamo non solo di clima, ma anche di processi estrattivi ad alto impatto, di polveri sottili e altre forme di inquinamento.
L’opinione popolare, contraria al dato statistico, è stata però fortemente influenzata dalla copertura mediatica degli iconici disastri nucleari sopracitati. Oltre a questo, il nucleare rimane una tecnologia percepita come oscura, intangibile e complessa, cui si tende a reagire come di fronte a un qualsiasi oggetto sconosciuto: con diffidenza. Un paragone calzante si può fare con la mortalità nei mezzi di trasporto civili: si ha un terrore irrazionale nel prendere un aereo, ma in realtà si rischia la vita di più guidando un’automobile.
Per quanto concerne l’economicità invece – a centrale costruita – l’ Agenzia Internazionale dell’ Energia conferma che i costi per la generazione di energia elettrica e la manutenzione degli impianti nucleari si mantengono bassi e stabili. Questo è dovuto, tra le altre cose, all’alta densità energetica dell’uranio: quest’ultimo è infatti un combustibile molto efficiente, che genera un’energia circa diecimila volte maggiore di quella generata da una massa uguale di combustibile fossile. Insomma, se con un litro di benzina ci facciamo sì e no dieci chilometri, l’ equivalente in peso di uranio ci permetterebbe di compiere il giro del mondo in auto per un paio di volte.
Come ultimo punto a favore della tecnologia nucleare va citata la certezza dell’approvvigionamento della materia prima energetica: le riserve di uranio sono abbondanti e disponibili in molte e diverse aree del pianeta, a differenza di quelle di petrolio, gas e terre rare che sono concentrate invece in poche nazioni.
I rischi delle centrali nucleari
Il nucleare porta però con sé alcuni svantaggi che devono essere tenuti da conto in un’analisi completa. Il più lampante riguarda lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Le scorie, in generale, vengono prodotte da qualsiasi processo abbia a che fare con materiali radioattivi. Dalle PET ai trattamenti oncologici, i rifiuti radioattivi vengono quindi generati quotidianamente anche in Italia a seguito di attività di ogni genere. Ma i rifiuti provenienti dalle centrali nucleari (cioè dalla produzione di energia elettrica) sono categorizzati come “rifiuti radioattivi di alta attività” in quanto hanno tempi di decadimento nell’ordine di migliaia di anni.
Seppur molto esigui in termini di massa, contengono quasi il totale della radioattività complessiva. Per questi rifiuti la soluzione attualmente prospettata è lo stoccaggio in depositi profondi geologicamente stabili, come quello in costruzione a Onkalo (Finlandia), che una volta ultimato sarà profondo più di 450 metri. L’Italia, che possiede rifiuti di alto livello generati dalla produzione di energia elettrica da 4 centrali nucleari attive dal 1963 al 1990, non ha ancora individuato un sito idoneo per tale deposito a lungo termine.
Il secondo punto dolente riguarda invece la proliferazione di ordigni bellici. In termini costruttivi e concettuali una bomba atomica è completamente differente da una centrale nucleare dedita alla generazione di energia elettrica, ma lo sviluppo di programmi nucleari civili può essere accompagnato da un impegno di ricerca militare grazie alle sovrapposizioni tecnologiche nel trattamento del combustibile fertile e fissile (ad es. l’uranio).
Un ultimo punto riguarda invece le tempistiche di costruzione per una nuova centrale. Se i costruttori dichiarano che il tempo medio per terminare un nuovo impianto di produzione energetica è di 50 mesi, la messa in esercizio di un impianto nucleare si attesta sui 10-20 anni, tenuto conto di tutte le fasi del processo (ottenimento dei vari permessi e autorizzazioni, reperimento dei finanziamenti e delle assicurazioni necessarie, licenza di esercizio, …).
Ad esempio, guardando al nostro paese e tenuto in considerazione che è in fase di studio una nuova generazione di reattori (la quarta, che tenta di risolvere i principali svantaggi sopra esposti), l’amministratore delegato di ENEL ha sollevato forti dubbi sull’imminente ritorno al nucleare con la costruzione di reattori di terza generazione, che rischierebbero di entrare in funzione già in una fase di obsolescenza tecnologica.
Il nucleare ha polarizzato per anni l’opinione pubblica italiana sulla questione energetica e, recentemente, è tornato sotto i riflettori dato il suo potenziale ruolo nel raggiungimento degli obiettivi climatici nazionali e mondiali. . Considerando i suoi vantaggi e i rischi che questa forma di energia comporta, l’augurio è che, qualunque scelta venga presa, essa sia ponderata in maniera razionale e valutata per garantire i maggiori benefici a tutta la popolazione sul lungo termine.
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