Il clima è sempre cambiato?
La storia del clima sulla terra dimostra che sì, il clima è sempre cambiato. Ma non a questa velocità.
“Il clima della Terra è sempre cambiato” è recentemente diventata l’osservazione preferita dei negazionisti, ovvero di quella minoranza della popolazione che crede ancora che il cambiamento climatico non esista, che non sia opera dell’uomo o che comunque non sia un problema.
Questo appunto, peraltro spesso non accompagnato da solide basi scientifiche o privo di doverose contestualizzazioni è, sorprendentemente, corretto. In quasi 4,5 miliardi di anni, il clima della Terra (che ricordiamo essere diverso dal meteo) è cambiato innumerevoli volte. Solamente negli ultimi 650 mila anni si sono alternati almeno sette periodi glaciali che hanno visto la superficie terrestre ricoprirsi e spogliarsi di neve e ghiacciai, sommergendo e facendo riemergere interi continenti.
Eppure, oggi per la prima volta nella storia della Terra, il nostro clima sta cambiando a velocità mai viste prima, con un aumento della temperatura media di oltre 1°C in “soli” 150 anni. Ed è proprio questo il punto: nonostante il clima sia sempre cambiato, questa volta sta cambiando troppo velocemente. Ecco la causa di tutti i nostri problemi climatici.
La storia del clima: terra greenhouse e terra icehouse
Nel corso della sua lunghissima storia, il clima della Terra ha oscillato, ad intervalli di centinaia di milioni di anni, tra due principali stati climatici: la Terra greenhouse (dall’inglese « serra ») e la Terra icehouse (dall’inglese « ghiacciaia »). Per la maggior parte del tempo, il nostro Pianeta si è trovato nello stato greenhouse, caratterizzato da temperature ben più alte rispetto a quelle odierne.
Oceani caldissimi (35°C in media) e la totale assenza di ghiaccio ai poli, nonché la presenza di alberi ai margini del Polo Sud e un livello del mare di almeno 20 metri più alto rispetto ad oggi rendevano la Terra un pianeta stranamente esotico. È, ad esempio, in un ambiente così caldo che i dinosauri hanno proliferato, circa 230 milioni di anni fa.

Da 33.9 milioni di anni, però, il nostro Pianeta si trova in uno stato di icehouse, caratterizzato principalmente dalla presenza di ghiacci ai Poli e da temperature più basse. Nel corso di un periodo icehouse la temperatura terrestre non rimane stabile, e al suo interno si alternano diverse “ere glaciali”. L’ultima era glaciale, iniziata circa 2,6 milioni di anni fa, è quella in cui viviamo oggi.
Oggi viviamo in un’era glaciale, ma piuttosto mite
Al contrario di come potrebbe apparire nell’immaginario collettivo, un’era glaciale non implica necessariamente la presenza di spessi strati di ghiaccio a coprire l’intera superficie terrestre. Ogni era glaciale è infatti a sua volta suddivisa in freddi periodi glaciali, di una durata di circa 100 mila anni, e più miti periodi interglaciali, della durata di circa 10-15 mila anni. Da circa 10 mila anni ci troviamo in un periodo interglaciale e quindi, pur essendo nel corso di un’era glaciale, viviamo in un clima più mite.
Per l’uomo la vita sulla Terra non è sempre stata accompagnata da temperature mediterranee. I nostri più antichi antenati Homo Sapiens, apparsi circa 300 mila anni fa, hanno sperimentato climi più rigidi rispetto a quello odierno. Ma è almeno dalla nascita dell’agricoltura, avvenuta proprio 10 mila anni fa, che il nostro clima è diventato più mite e si è stabilizzato, con l’eccezione di piccole variazioni di temperatura che comunque non hanno mai superato il grado centigrado.

Pochi gradi cambiano radicalmente il clima e l’aspetto del pineta
A questo proposito, è fondamentale comprendere che l’alternanza di periodi glaciali ed interglaciali è dettata da variazioni di temperatura apparentemente minime. Basti pensare che la temperatura media che si registrerebbe durante un periodo glaciale è di soli 4-6°C più bassa rispetto alla temperatura media di un periodo interglaciale. Eppure, gli effetti osservabili sono impressionanti. Durante i periodi glaciali la vita sulla Terra è piuttosto ostile. Spessi strati di ghiaccio come quelli che oggi troviamo ai Poli si estendono su gran parte degli emisferi terrestri, ricoprendo la maggior parte del Nord America e dell’Europa, e anche parti di Asia e Sud America.
Con una maggiore quantità di acqua raggruppata nei ghiacciai, il livello del mare si abbassa notevolmente. Si stima che, ad esempio, durante l’ultimo periodo glaciale il livello medio del mare si abbassò di circa 120 metri, trasformando il Mar Baltico in un lago, o rendendo il Regno Unito una penisola Europea. I nostri territori erano abitati da mammut e massicci rinoceronti pelosi (la cosiddetta “megafauna”), che proliferavano in un clima particolarmente rigido. Durante i periodi interglaciali come quello odierno, invece, il clima diventa decisamente più mite. Il Nord Europa si libera, in gran parte, dai ghiacci, il livello del mare aumenta e l’Italia si ri-trasforma in un paradiso mediterraneo (privo di mammut).
Perché i cambiamenti climatici rapidi sono pericolosi
L’alternarsi di periodi climatici è quindi un fatto del tutto naturale. Per capire perché questa volta dovremmo preoccuparci, è doveroso innanzitutto comprendere i tempi geologici del nostro pianeta, che fino ad adesso hanno permesso a flora e fauna di adattarsi a variazioni climatiche così radicali.
Le ragioni dell’alternarsi di ere glaciali, periodi glaciali e periodi interglaciali sono ancora oggetto di studio da parte della comunità scientifica. In generale, tra le cause principali gli scienziati identificano movimenti delle placche tettoniche e variazioni nell’orbita terrestre (i cosiddetti cicli di Milankovitch). I cambiamenti climatici legati a eventi geologici ed astronomici di questo tipo avvengono nel corso di centinaia di migliaia di anni. Una variazione di qualche grado centigrado spalmata su una spanna temporale così vasta permette più facilmente ad animali e piante di adattarsi ai cambiamenti della temperatura e del clima, mutando e sopravvivendo. Ad esempio, durante l’ultimo periodo glaciale mutazioni nell’emoglobina di alcuni mammiferi permise loro di sopravvivere ad inverni molto più rigidi.
C’è, però, una terza causa importante che anche in passato ha contribuito a radicali cambiamenti climatici del Pianeta: la variazione nella composizione dell’atmosfera terrestre – in particolare, l’aumento della concentrazione di gas serra presenti nell’aria. Suona familiare? La quantità di gas serra è variata notevolmente nel corso delle diverse ere climatiche, e di una cosa la scienza è certa: esiste una fortissima correlazione tra la concentrazione di CO2 (o di altri gas serra) presente nell’atmosfera e la temperatura media terrestre.
Grazie ai carotaggi, ovvero prelevamenti di spessi pezzi di ghiaccio ai Poli, gli scienziati sono riusciti a ricostruire la storia della composizione dell’atmosfera terrestre. Analizzando le piccole bollicine d’aria intrappolate nel ghiaccio per centinaia di migliaia di anni hanno scoperto che a periodi climatici più caldi sono sempre corrisposte maggiori quantità di CO2 presenti nell’atmosfera. Quando ancora non esistevano auto ed industrie, l’aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera era legato ad attività geologiche anomale come improvvise eruzioni vulcaniche o al rilascio di grandi quantità di gas serra in seguito al parziale scioglimento dei ghiacciai.
Queste variazioni nella composizione dell’atmosfera hanno portato a cambiamenti climatici ben più rapidi rispetto a quelli legati ad altre cause, spesso impedendo a flora e fauna di adattarsi e provocando situazioni ecologiche disastrose. Ne è esempio l’estinzione di massa del Permiano-Triassico, avvenuta 251,4 milioni di anni fa, che vide la scomparsa dell’90% delle specie marine e del 70% delle specie di vertebrati terrestri. L’estinzione di massa fu probabilmente causata dal grave impatto di un meteorite che innescando, tra le altre cose, un’anomala attività vulcanica, si risolse nell’emissione in un’enorme quantità di gas serra (anidride carbonica e metano in particolare).
In uno studio del 2014, tre scienziati stimarono che le emissioni di gas serra generatrici di un tale disastro furono emesse solamente nel corso di 2-18 mila anni: un nulla se paragonato alla scala temporale dei cambiamenti climatici legati a fenomeni astronomici. Le conseguenze furono un drastico aumento delle temperature e l’acidificazione ed anossia (la diminuzione della quantità di ossigeno) degli oceani, letali per moltissime specie. Qualcosa di non troppo lontano da quello che sta succedendo oggi. Con l’eccezione che oggi non si parla neanche più di millenni, ma di decenni.
L’emergenza climatica di oggi
È dunque vero, il clima della terra è sempre cambiato, ma con esso anche flora e fauna terrestre; variazioni di pochi gradi centigradi sono state capaci di modificare radicalmente l’aspetto del nostro Pianeta. Catastrofi ecologiche ed estinzioni di massa, però, sono state quasi sempre evitate. Aumenti o diminuzioni di pochi gradi centigradi sono avvenute nel corso di centinaia di migliaia di anni, e la vita presente sulla Terra è sapientemente riuscita ad adattarsi al cambiamento climatico.
L’attività umana, invece, ha per la prima volta scombussolato il ciclo naturale dei cambiamenti climatici planetari. In soli 150 anni siamo stati capaci di far aumentare la temperatura media del pianeta di oltre un grado centigrado. In assenza di azioni decisive ed ambiziose, entro la fine del secolo potremmo vivere in un pianeta di oltre 3°C più caldo rispetto ad oggi. E un cambiamento climatico di tali proporzioni ci porterà inevitabilmente a dover fronteggiare la sesta estinzione di massa della storia del Pianeta. Come ne uscirà l’uomo?
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**Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di altre organizzazioni ad essa collegate**
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