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La scomparsa del nostro lato selvaggio

La scomparsa del nostro lato selvaggio

Un patrimonio in pericolo

Da quando l’uomo ha compreso di poter dominare gli esseri viventi che lo circondavano, il mondo ha cominciato a cambiare. Oggi è la Giornata Mondiale della natura selvaggia (wildlife in inglese), l’insieme di flora e fauna tipiche di un determinato ambiente e “non addomesticate”. In altre parole, tutto ciò che l’uomo non controlla direttamente a scopi di allevamento, agricoltura o altro uso diretto : un bacino ricchissimo di specie animali e vegetali che il Cambiamento Climatico sta attualmente mettendo in pericolo.

Infatti, se sull’uomo il cambiamento climatico sta avendo conseguenze sempre maggiori ma ancora limitate, non si può dire lo stesso per la natura selvaggia. In effetti, gli ecosistemi non controllati dall’uomo si trovano in un equilibrio delicato, che una volta rotto può generare il collasso dei suoi componenti o portare ad una nuova situazione di stabilità. Non è detto, però, che questo nuovo equilibrio sia positivo in termini di sostenibilità: facciamo un esempio.

Il sito della Wallace Initiative permette di mostrare la distribuzione di oltre 130mila specie viventi in diverse condizioni climatiche. La ricostruzione relativa al cervo reale qui sotto mostra come l’innalzamento delle temperature trasformerà profondamente la distribuzione dell’area in cui gli animali saranno in grado di vivere.

La distribuzione del cervo reale in un’Europa sottoposta a temperature crescenti (ad aree più scure corrisponde un maggior numero di esemplari).

Le conseguenze possono apparire minime, dato che il numero di cervi sembra aumentare nelle regioni del nord Europa. Ogni animale, tuttavia, occupa un ruolo essenziale nel proprio ecosistema, e una sua scomparsa o eccessiva proliferazione può cambiare l’intero aspetto dell’ambiente circostante. Nel caso dei cervi, una loro concentrazione eccessiva nelle aree nordiche potrebbe causare il deterioramento della vegetazione, e dunque mettere a repentaglio la vita di altri animali erbivori più in basso nella catena alimentare.

Un sistema interconnesso

Questo collegamento indiretto tra i membri di una catena alimentare (e quindi di un sistema naturale) viene chiamato “cascata trofica”. Il Parco di Yellowstone, qualche anno fa, ha mostrato il suo potenziale reintroducendo alcuni lupi in un’area in cui questi erano scomparsi. Guardate qui:

L’introduzione dei lupi nel Parco ha radicalmente modificato l’equilibrio naturale della zona, causando addirittura, in maniera indiretta, la modificazione del corso di un fiume!

È chiaro, allora, come la natura selvaggia sia interconnessa, e che il cambiamento climatico in atto farà sì che nuova flora e fauna si muovano verso luoghi prima inospitali, o cerchino riparo nelle poche aree rimaste ad offrire condizioni favorevoli alla sopravvivenza. Alcune specie, infatti, non sono in grado di adattarsi rapidamente ad un nuovo clima, e proveranno a spostarsi in ambienti più ospitali: lo stesso uomo, ad esempio, potrebbe difficilmente sopravvivere in un mondo in cui le temperature superano stabilmente i 50 gradi. L’esponenziale crescita della presenza umana (in termini di persone e infrastrutture), però, aumenta la frammentazione degli ambienti naturali; non potendo raggiungere nuovi luoghi sicuri, allora, alcuni animali e piante rimarranno intrappolati in un ambiente ostile. Questo porterà, alla lunga, al sopravvento di poche specie dominanti sulle altre, riducendo la varietà, e dunque l’equilibrio, dell’ecosistema.

La giornata mondiale

La natura selvaggia, nella sua sempre nuova diversità, è un grande valore aggiunto sul nostro pianeta. Per questo le Nazioni Unite hanno istituito la giornata mondiale della natura selvaggia: difendere l’attuale equilibrio non è un capriccio volto a salvare teneri panda o foche dagli occhi dolci; è un piano di larga scala volto a fare sì che il nostro ecosistema sia in grado di resistere agli stress e fornire a noi stessi maggiori possibilità di sopravvivenza. Pensate se esistesse un solo tipo di grano al mondo (l’unico in grado di resistere a temperature mondiali elevate), e se un parassita dovesse attaccarlo: per molte popolazioni che basano la propria dieta su questo alimento sarebbe una catastrofe.

Il tema della giornata mondiale di quest’anno è la vita sott’acqua: gli ecosistemi acquatici sono infatti tra quelli che conosciamo meno, che mostrano maggiore complessità e che si sono rivelati molto suscettibili ai cambiamenti climatici. Pensiamo alle barriere coralline che si “sbiancano”, oppure alle specie invasive che rischiano di soppiantare i pesci del Mediterraneo (un po’ come i nostri cervi di prima). Proteggere queste realtà è di fondamentale importanza, perché ne dipende la nostra alimentazione e la configurazione geografica dell’ambiente, soprattutto nelle zone in cui flora e fauna contribuiscono a proteggerci da inquinamento ed eventi estremi (come inondazioni e siccità).

Festeggiamo questo 3 marzo ammirando la bellezza della natura che ci circonda e prendendo atto una volta ancora che le nostre azioni individuali possono avere conseguenze enormi sul clima e sull’ambiente in cui viviamo.

 

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**Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di altre organizzazioni ad essa collegate**

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