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MAPA: chi sono e perché dovremmo ascoltarli

MAPA: chi sono e perché dovremmo ascoltarli

MAPA è acronimo di “most affected people and areas”, letteralmente “persone ed aree più colpite”: rappresenta regioni e comunità colpite in modo particolarmente violento dal cambiamento climatico. 

 

di Sara Chinaglia

Identikit: chi sono e dove risiedono i MAPA?

Il termine MAPA (acronimo di most affected people and areas) racchiude tutte le persone ed aree che stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico in modo particolarmente grave.

 

È noto che le comunità che ne stanno soffrendo maggiormente sono quelle facenti parte del Sud Globale, quindi i paesi meno sviluppati rispetto al modello economico capitalista, con economie più fragili, reduci del colonialismo e con le minori emissioni cumulative di gas climalteranti. In effetti, sono proprio gli stati che meno hanno contribuito alla crisi climatica, che ne stanno  subendo le conseguenze più gravi: sebbene il cambiamento climatico sia un problema globale, i suoi effetti non sono omogeneamente ripartiti, ma si ripercuotono in modo particolarmente intenso  nei contesti in cui mancano gli strumenti per poterli contrastare.

 

I termini “Sud Globale” e “MAPA”, però, non coincidono e conseguentemente non possono essere utilizzati intercambiabilmente: secondo Farzana Faruk Jhumu, attivista bangladese e MAPA, il termine “Sud Globale” ha un’accezione puramente economica, mentre MAPA è molto di più e permette di includere anche le comunità marginalizzate, ovunque esse vivano.

 

L’argomento “MAPA”, infatti, è legato a doppio filo a tematiche relative al cambiamento climatico che ricadono sia nella sfera sociale che economica: il colonialismo “ambientale”, l’ingiustizia climatica, il razzismo, la segregazione e il privilegio bianco, sono solo alcuni esempi della lista lunga lista di punti di intersezionalità. Tutte problematiche che coinvolgono il mondo intero, ma il Sud Globale con particolare interesse.

 

Un esempio di MAPA al di fuori del Sud Globale è la comunità afroamericana negli USA. Secondo un report della Wilderness Medical Society gli afroamericani hanno riportato il più alto tasso di mortalità a causa delle ondate di calore: si tratta di un aumento del 67%  nel periodo 2005-2015, che per i bianchi è stato “solo” del 23%.

 

Anche l’Italia ha i suoi most affected people and areas: pensiamo alla Terra dei Fuochi, dove la mortalità e il rischio di malattie legate all’eccessivo inquinamento è più alta della media. O pensiamo a Gela, che tra ricatti occupazionali e problemi ambientali continua ad essere una zona estremamente vulnerabile e delicata

 

Pertanto, chiedersi non solo “chi sono i MAPA?” ma anche “dove sono i MAPA?” permette di arricchire l’attuale narrazione climatica: da un lato superando la visione del mondo binaria “nord/sud” a favore di una considerazione più ampia e inclusiva, dall’altro riconoscendo che la lotta climatica non può essere uniforme ed elitaria, perché c’è chi soffre di più e chi ha più diritto di parola, in alcune situazioni.

Perché dare voce ai MAPA?

Dare voce ai MAPA significa imparare da chi ha già un’esperienza pluriennale di strategie di adattamento, perché il cambiamento climatico è entrato nelle loro vite da ben più tempo rispetto a noi.  Inoltre, i MAPA portano alla luce visioni completamente fuori dalle conversazioni che siamo soliti ascoltare, come ha testimoniato Jon Bonifacio, attivista filippino e MAPA: la lotta climatica in questi paesi è profondamente più feroce rispetto a quanto siamo abituati, proprio perché la realtà è molto più tesa. Ci sono molti esempi di attivisti esiliati o addirittura uccisi per aver chiesto giustizia climatica e giustizia sociale, come l’argentino Esteban Servat costretto a vivere in Germania, o la keniota Joanna Stuchbury uccisa nel 2021.

 

I MAPA criticano fortemente il costante tentativo del Nord di “parlare anche per loro”. Le promesse ambientali “al 2050” tipiche dei Paesi del Nord Globale sono inutili in quegli stati dove le case sono già sott’acqua (come a Palau), dove i tifoni e i monsoni distruggono e uccidono (come nelle Filippine o in Pakistan), e dove il troppo caldo fa morire (come in India). I MAPA portano una riflessione sul fallimento dell’attuale sistema, che ha sfruttato le loro nazioni lasciandole incapaci di provvedere per sé stesse e adattarsi a cambiamenti improvvisi e violenti.

 

Oltre al ruolo di mobilitazione e sensibilizzazione, non va dimenticato anche il ruolo pratico delle comunità MAPA. La FAO ha pubblicamente riconosciuto, in un report del 2011, il ruolo delle comunità indigene (a loro volta MAPA) nella conservazione delle foreste, e di come il loro lavoro permetta di stoccare una quantità di CO2 ben superiore a qualsiasi progetto di riforestazione e stoccaggio, suggerendo alla comunità internazionale di dare a queste comunità la gestione delle foreste.

 

Conclusioni

Come ricordato dalla sopracitata Farzana Faruk Jhumu, i MAPA che abbiamo la fortuna di ascoltare sono, a loro volta, membri di un’élite nel loro Paese: persone che hanno avuto la fortuna di poter studiare, che padroneggiano una lingua straniera e che possono permettersi di viaggiare (che sia per sensibilizzare o partecipare a meeting internazionali sul clima). Le loro lotte sono combattute per poter portare al mondo la voce degli inascoltati, affinché i movimenti di attivismo ambientale non diventino una triste fotocopia dell’attuale società, suprematista e ingiusta, e perché si attivi un vero dibattito sulla giustizia climatica e sociale.

 

Movimenti come pass the mic mostrano come lasciar parlare chi davvero soffre la crisi climatica potrebbe essere l’unica soluzione per mobilitare un vero cambiamento, per poter osservare la società e comprenderla con uno sguardo più preparato. Ecco, quindi, che dichiarazioni come quella del Ministro degli idrocarburi congolese, che ha svenduto il suo territorio alle compagnie petrolifere dichiarando di avere come priorità la riduzione della povertà e non la tutela del Pianeta, non saranno più viste come pure follia ma come conseguenza inevitabile di popolazioni lasciate nella disperazione.

 

Ascoltare chi, storicamente, è sempre stato marginalizzato non è mai stato così importante.

 

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