image1

Dalle petromonarchie alle metalcrazie

Dalle petromonarchie alle metalcrazie

I nuovi modelli energetici, basati su rinnovabili e digitalizzazione, hanno un costo ambientale intrinseco e stanno portando a un nuovo equilibrio geopolitico

di Diego Michielin

 

Digitando “soluzioni al cambiamento climatico” su Google, il motore di ricerca indica una serie di azioni concrete che ognuno di noi può mettere in pratica al fine di salvaguardare l’ambiente: viaggiare meno (gli aerei sono molto inquinanti), evitare di sprecare il cibo (evitando così di sprecare l’energia per produrre lo stesso), utilizzare i mezzi pubblici e mangiare vegano (gli allevamenti intensivi inquinano decisamente di più rispetto alle coltivazioni).

 

Tutti questi punti si intrecciano profondamente con la tematica della transizione energetica, ma cosa sta a indicare nello specifico questo termine? Come noto, la causa del cambiamento climatico è attribuibile alle emissioni antropiche di gas a effetto serra. Fra questi l’anidride carbonica è il principale e viene liberato nell’atmosfera da processi inerenti al settore energetico. La transizione energetica si inserisce in questo contesto, ponendosi come obiettivo il passaggio da un paniere energetico basato sui combustibili fossili (petrolio, gas naturale e carbone) a uno a zero emissioni di carbonio, basato principalmente sulle rinnovabili. Nell’universo però tutto ha un costo: qual è il prezzo nascosto dietro al nuovo modello energetico?

 

Scandio, ittrio e lantanoidi

I cellulari di ultima generazione, le batterie delle vetture elettriche, le pale delle turbine eoliche e gli schermi dei nostri dispositivi hanno un minimo comune denominatore: la composizione metallica. Questo potrà sembrare ovvio, ma è meno banale il fatto che solo pochi e fondamentali ingredienti rendono perfetta la ricetta delle tecnologie verdi e digitali.

 

Si tratta di diciassette elementi, dal lantanio (La) allo scandio (Sc), denominati “terre rare”. L’aggettivo a corredo non indica la quantità assoluta quanto piuttosto la scarsità relativa: in natura si trovano in numerosi minerali, ma sempre in concentrazioni molto basse e mai pure. Vengono utilizzati e studiati nei più disparati settori manifatturieri: alternatori e motori elettrici, superconduttori, circuiti integrati, catalizzatori, fibre ottiche e magneti permanenti.

 

Il successo della transizione energetica passa quindi per le potenti prestazioni di questi elementi dal nome altisonante: efficienza, miniaturizzazione, stabilità termica e velocità.

 

La faccia nascosta della luna

Le potenti proprietà chimiche ed elettroniche celano però un pesante prezzo: in termini quantitativi, per soddisfare i bisogni mondiali da qui al 2050 dovremo estrarre dal sottosuolo più metalli di quanti l’umanità ne abbia mai estratti dalla sua origine. Per avere un chilo di vanadio è necessario trattare circa 8 tonnellate di roccia; per un chilo di lutezio sono necessarie 200 tonnellate di roccia. In media, per ottenere una tonnellata di terre rare, si creano 2000 tonnellate di scarti, una proporzione certamente non incoraggiante. 

 

Inoltre la lavorazione di tali minerali è complessa e dispendiosa, sia in termini economici che ambientali. Essendoci in gioco tali quantitativi, è facile immaginare come – al fine di rendere l’estrazione mineraria conveniente – sia imprescindibile avere bassi costi di manodopera e protocolli QSA (qualità, sicurezza, salute e ambiente) blandi se non addirittura inesistenti. Intere regioni della Cina sono state devastate in termini ambientali dall’impatto estrattivo delle terre rare: l’utilizzo massivo degli acidi richiede infatti degli interventi di bonifica per restituire il terreno alle sue condizioni originali, attività che spesso non viene eseguita al termine dei lavori.

 

Il difficile gioco geopolitico

Anche le coordinate geografiche dei preziosi metalli sollevano questioni su più fronti. L’Unione Europea, pur essendo sede di svariate realtà industriali che utilizzano le terre rare nei propri componenti, importa la quasi totalità delle stesse (98%) dalla Cina.

 

Nel 2020 la commissione europea ha varato la ERMA (European Raw Materials Alliance, cooperazione europea per le materie prime) con l’obiettivo di costruire un equilibrio nell’approvvigionamento delle risorse e liberarsi – per lo meno parzialmente – dal giogo estero nell’eventualità di conflitti, tensioni geopolitiche e guerre commerciali. Le terre rare rientrano a pieno titolo in questa lista in qualità delle loro molteplici applicazioni e della loro rilevanza strategica (per esempio nel settore della difesa) ma, allo stato attuale delle cose, l’acuta dipendenza dell’Europa dalla Cina non sembra destinata a diminuire.

 

Le opportunità

Le terre rare rappresentano quindi una chiave fondamentale nel contrasto al cambiamento climatico ma, allo stesso tempo, portano con sé insidie da tenere in considerazione. Diverse strade possono essere intraprese per mitigare i rischi. Ad esempio, pur sembrando controintuitivo, l’impatto ambientale – da calcolare su scala globale e non solo “guardando al nostro orticello” – potrebbe ridursi se iniziassimo attività estrattive di terre rare in Europa: questo permetterebbe infatti un accurato controllo delle normative relative ad ambiente, sicurezza e salute.

 

 

Inoltre nuovi metodi estrattivi più tecnologici e verdi potrebbero venire testati e applicati su larga scala. A tal proposito l’autore del romanzo “La guerra dei metalli rari” Guillaume Pitron propone l’istituzione di un inventario minerario europeo, necessario a individuare le possibili aree di estrazione e gli eventuali successivi studi di fattibilità. L’economia circolare può venire in aiuto alla causa: sono al vaglio diverse soluzioni che si pongono l’obiettivo di trattare e riciclare i rifiuti contenenti terre rare come magneti permanenti, cellulari e circuiti integrati.

 

E da ultimo, ma non per importanza, il comportamento individuale può come sempre fare la differenza: sprecando meno e utilizzando materiale di seconda mano o rigenerato, si può ridurre in termini quantitativi la domanda – e di conseguenza l’estrazione – di questo prezioso “oro verde”.

 

Segui Duegradi su InstagramFacebookTelegramLinkedin e Twitter

Add a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *