Il permafrost è una capsula del tempo per virus e batteri

Il permafrost è una capsula del tempo per virus e batteri

Il permafrost è una capsula del tempo per virus e batteri

Lo scioglimento del permafrost rischia di far riemergere virus sconosciuti all’uomo.

di Stella Levantesi

In un angolo remoto della tundra siberiana, sulla penisola di Yamal nel Circolo Polare Artico, morì un bambino e almeno venti persone furono ricoverate dopo essere state infettate dall’antrace, un’infezione acuta causata dal batterio Bacillus anthracis. Era il 2016 e un’ondata di calore durante l’estate aveva scongelato il permafrost, lo strato di terreno permanentemente ghiacciato che si trova nel sottosuolo di varie zone, specialmente ad alta latitudine. Nello sciogliere il ghiaccio, il caldo estremo (particolarmente insolito per la regione) ha scongelato anche una carcassa di renna infettata dall’antrace oltre 75 anni fa. Più di duemila renne che pascolavano nelle vicinanze sono state contagiate dalla malattia e sono morte. Generalmente, l’antrace si manifesta come malattia endemica in animali erbivori selvatici o domestici, ma può anche svilupparsi nell’uomo per esposizione ad animali infetti, tessuti di animali infetti, inalazione di spore del batterio o ingestione di cibo e acqua contaminata – proprio com’è accaduto nel 2016.

 

Dopo questo episodio, il timore è che potrebbe non trattarsi di un caso isolato.

 

Se si scioglie il permafrost

 Man mano che la temperatura terrestre aumenta, il permafrost si scioglie. In circostanze naturali, non alterate dal cambiamento climatico antropico, gli strati superficiali di permafrost – che arrivano fino a circa 50 cm di profondità – si sciolgono con l’arrivo dell’estate. Questa parte del permafrost viene chiamata “strato attivo” e si scongela con i cambiamenti stagionali annuali. Ma il riscaldamento globale sta esponendo allo scioglimento anche gli strati di permafrost più profondi e più antichi – un segno di forte instabilità.

 

Lo scioglimento del permafrost espone all’aria torbiere ricche di carbonio rimaste  “congelate” per migliaia di anni. Il carbonio viene rilasciato sotto forma di gas metano, il cui impatto su un periodo di 100 anni è 34 volte superiore a quello della CO2. Uno dei motivi per cui lo scioglimento del permafrost preoccupa molto gli scienziati è che stabilisce unfeedback loop”, una sorta di circolo vizioso che si autoalimenta: più CO2 e metano vengono rilasciati nell’atmosfera a causa dello scioglimento, più l’atmosfera si riscalda. Più l’atmosfera si  riscalda, più ghiaccio si scioglie. E così da capo.

 

Le temperature del permafrost sono aumentate fino a registrare livelli record, ha riscontrato l’IPCC. Come conseguenza di tale riscaldamento, già in questo secolo scompariranno gli strati più superficiali del permafrost antico, con importanti conseguenze per il clima globale. Entro il 2100, l’area del permafrost in prossimità della superficie diminuirà e, secondo l’IPCC, verranno rilasciati nell’atmosfera da 10 a 100 miliardi di tonnellate (Gt C) – potenzialmente fino a 240 Gt C – di carbonio in forma di anidride carbonica e metano, con il potenziale di accelerare ancora di più il cambiamento climatico. Inoltre, al circolo polare artico, la temperatura aumenta circa tre volte più velocemente rispetto al resto del mondo.

 

Una capsula del tempo

 Il terreno ghiacciato del permafrost è un “congelatore” naturale, un luogo dove microbi, tra cui i batteri, rimangono in vita per epoche molto lunghe. Il congelamento profondo del permafrost non solo impedisce la fuoriuscita del carbonio, ma mantiene anche i microbi intatti. Lo scioglimento dei ghiacci, però, rischia di far riemergere microbi completamente sconosciuti all’uomo (oppure già eradicati in precedenza). Per esempio, gli scienziati hanno scoperto frammenti di RNA del virus dell’influenza spagnola del 1918 nei cadaveri sepolti nelle fosse comuni nella tundra dell’Alaska e sospettano che anche il virus del vaiolo e della peste siano “intrappolati” nel ghiaccio siberiano.

 

Secondo uno studio della Ohio State University, pubblicato a gennaio di quest’anno, nel migliore dei casi, questo processo potrebbe portare alla perdita di archivi microbici e virali che potrebbero essere fondamentali per studiare i passati regimi climatici della Terra. Nel peggiore dei casi, invece, potrebbe causare il rilascio di agenti patogeni nell’ambiente.

 

Non è solo il riscaldamento globale che scioglie direttamente il permafrost a costituire una minaccia in questo senso. Il timore è che lo scongelamento favorisca un maggior numero di scavi nell’Artico: poiché il ghiaccio del mare Artico si sta sciogliendo, la costa settentrionale della Siberia è diventata più facilmente accessibile via mare, facilitando e rendendo più redditizio lo sfruttamento industriale e minerario e le trivellazioni per l’estrazione di petrolio e gas naturale.

 

Dal suolo artico potrebbero emergere anche i batteriofagi – virus che uccidono i batteri. Gli scienziati stanno studiando i batteriofagi per il loro potenziale nel contrastare i batteri resistenti agli antibiotici. Poiché ogni batteriofago uccide un batterio diverso, ogni nuovo ceppo è una possibilità in più per la scoperta di nuovi trattamenti. I batteriofagi a lungo sepolti forniscono anche indizi sulla natura dei batteri antichi che esistevano migliaia di anni fa.

 

La ricerca in questo campo è ancora agli stadi iniziali. Alcuni scienziati sostengono che scoprire microbi antichi può aiutare a comprendere le epidemie passate e, potenzialmente, anche la pandemia di coronavirus. Ma rimane il pericolo che i ricercatori “risveglino” virus dormienti, sepolti sotto gli strati ghiacciati del permafrost. 

 

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