tipping points

Il punto di non ritorno

Il punto di non ritorno

Ogni tipping point rappresenta un passaggio irreversibile ad un mondo sempre più caldo, un mondo molto diverso dal precedente, in cui gli equilibri del vecchio lasciano il passo a qualcosa di completamente nuovo.

 

di Stella Levantesi

disegno di Daniela Goffredo

 

Cos’è un tipping point

La crisi climatica sta alterando gravemente l’equilibrio degli ecosistemi terrestri, e non necessariamente in maniera graduale. Il cambiamento climatico può svilupparsi in modo non incrementale, come una serie di salti irreversibili. Si tratta del fenomeno scientifico del tipping point, il punto di non ritorno. Il termine “tipping point” è stato reso popolare – non senza alimentare qualche polemica – dal giornalista e autore Malcolm Gladwell nel suo libro omonimo, pubblicato nel 2000. Gladwell descrive i punti di ribaltamento come “il momento della massa critica, la soglia, il punto di ebollizione.”

 

L’imprescindibilità del fenomeno sta nel suo nome: ogni tipping point rappresenta un passaggio irreversibile ad un mondo sempre più caldo, un mondo molto diverso dal precedente, in cui gli equilibri del vecchio lasciano il passo a qualcosa di completamente nuovo. Inoltre, il punto di non ritorno crea un fenomeno a cascata, innescandone altri. In sostanza, sotto la pressione del riscaldamento globale, parti del sistema climatico globale potrebbero improvvisamente collassare o “perdere il controllo”.

 

L’IPCC ha introdotto un’analisi dei punti di non ritorno per la prima volta quasi due decenni fa. All’epoca erano dette “discontinuità su larga scala;” si riteneva non solo che fossero ampiamente indipendenti l’una dall’altra, ma anche che potessero verificarsi solo se il riscaldamento globale avesse superato i 5 °C rispetto all’età preindustriale. I più recenti rapporti dell’IPCC, tuttavia, suggeriscono che i punti di non ritorno potrebbero essere superati anche tra 1 e 2 °C di riscaldamento. 

 

Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Nature, i rischi sono imminenti e molto più probabili. Alcuni punti di non ritorno potrebbero essere già stati superati all’attuale 1°C di riscaldamento terrestre. Secondo i critici, l’IPCC ha finora minimizzato i rischi di superamento dei tipping points, in parte perché sono difficili da quantificare.

 

Le dinamiche dei punti di non ritorno

Secondo Yale Environment 360, le dinamiche climatiche che attivano i punti di non ritorno sono riassumibili in tre categorie principali:

 

  1. La perdita incontrollata delle calotte di ghiaccio, che accelerano l’innalzamento del livello del mare;
  2. La perdita di foreste e altri depositi naturali di carbonio come il permafrost, che rilasciano questi depositi nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica e metano;
  3. L’alterazione del sistema di circolazione oceanica.

 

Secondo gli esperti, la preoccupazione più grande riguarda il futuro del sistema di circolazione oceanica, che trasporta il calore e può dettare il clima globale. L’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) è un sistema di circolazione delle correnti dell’Oceano Atlantico che trasporta l’acqua calda dai tropici verso l’Europa e fa parte di una rete più ampia di modelli di circolazione oceanica globale. Il cambiamento climatico influisce su questo processo, diluendo l’acqua salata di mare con l’acqua dolce proveniente dall’aumento di precipitazioni e dallo scioglimento dei ghiacci continentali. Il risultato di questa diluizione è che l’acqua degli oceani diventa più “leggera” ed incapace di “affondare,” e come conseguenza questo gigantesco motore circola più lentamente; dalla metà del ventesimo secolo, l’AMOC potrebbe essersi già indebolita di circa il 15%.

 

Quali sono i punti di non ritorno

Secondo l’analisi di Nature, dei 15 potenziali punti non ritorno individuati nel 2008 ben nove, incluso l’AMOC, mostrano ora di essere “attivi”, con gravi conseguenze per i sistemi climatici terrestri. Secondo Tim Lenton, autore dello studio, “questo non significa che sia stato necessariamente raggiunto un punto di svolta, ma significa che il sistema in questione mostra segni di cambiamento, di andare nella direzione sbagliata”.

 

I 9 tipping point “attivi” riguardano i seguenti sistemi:

  • il ghiaccio marino artico
  • la calotta glaciale della Groenlandia
  • le foreste boreali
  • il permafrost
  • l’AMOC
  • la foresta pluviale amazzonica
  • i coralli 
  • la calotta glaciale dell’Antartide occidentale
  • aree dell’Antartide orientale

Tipping Points: i punti di non ritorno del clima nel mondo

 

Attraverso l’analisi dei punti di non ritorno gli esperti hanno capito che ci sono parti del sistema Terra con il potenziale di cambiare bruscamente in risposta al riscaldamento globale e, quindi, di provocare l’alterazione dell’intero sistema stesso. La calotta di ghiaccio dell’Antartide occidentale, ad esempio, è una delle tre regioni che compongono l’Antartide – le altre due sono l’Antartide orientale e la penisola antartica, con la catena montuosa trans-antartica che divide l’est dall’ovest. La calotta dell’Antartide occidentale ha ancora abbastanza ghiaccio da innalzare il livello globale del mare di circa 3,3 metri. Pertanto, anche una perdita parziale dei suoi ghiacci sarebbe sufficiente per cambiare drasticamente le linee costiere di tutto il mondo. 

 

Un altro tipping point cruciale è stato identificato nella foresta pluviale amazzonica, la più grande foresta pluviale del mondo che si estende su nove paesi del Sud America. Un calo delle precipitazioni in risposta ad un clima più caldo, una ridotta traspirazione della vegetazione in risposta all’aumento di anidride carbonica e l’impatto diretto della deforestazione causerebbero alterazioni al sistema della foresta pluviale su larga scala.

 

La riduzione della quantità di pioggia e di vegetazione possono spostare il clima della regione verso uno stato più secco che non è in grado di sostenere una foresta pluviale: l’Amazzonia può tollerare solo un certo grado di secchezza e siccità prima di non essere più in grado di sostenersi da sola. Al di là di questo punto, la foresta vedrebbe il cosiddetto “dieback”, un passaggio indietro allo stato di savana. 

 

[Per saperne di più: L’Amazzonia è a un punto di non ritorno?]

 

Così come per la foresta pluviale amazzonica, i punti di non ritorno agiscono anche negli oceani. Negli ultimi anni si sono verificati una serie di eventi di sbiancamento nei coralli, causati principalmente dall’esposizione prolungata alle alte temperature dell’acqua. Sotto il continuo stress da calore, i coralli espellono le piccole alghe colorate – note come zooxantelle – che vivono nei loro tessuti e che forniscono ai coralli l’energia attraverso la fotosintesi, lasciando dietro di sé uno scheletro bianco. Senza tali alghe, i coralli muoiono lentamente di fame. Negli ultimi 40 anni, gli eventi di sbiancamento di massa della barriera corallina sono quintuplicati a livello globale. Il persistente stress termico potrebbe uccidere intere comunità di coralli; secondo l’IPCC, anche restando sotto i 2°C scomparirebbero il 99% delle barriere coralline.

 

Gli impatti causati dai fenomeni dei punti di non ritorno sono interconnessi tra loro e soprattutto, irreversibili. Alcuni degli ultimi modelli climatici – elaborati per il sesto rapporto di valutazione dell’IPCC, previsto per il 2021 – indicano una sensibilità climatica molto più elevata rispetto ai modelli precedenti: è la risposta della temperatura all’incremento esponenziale dell’anidride carbonica nell’atmosfera. 

 

Il meccanismo dei tipping points equivale alla “goccia che fa traboccare il vaso”. Il vaso riesce a contenere una certa quantità d’acqua, ma una sola goccia in più, e l’acqua esonda, senza possibilità di ritorno. Quante gocce potrà ancora contenere il nostro vaso, prima di essere spinto al punto di non ritorno? 

 

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