ricchezza-cc

Siamo troppo ricchi per essere sostenibili?

Siamo troppo ricchi per essere sostenibili?

Ricchezza e impatti climatici sono strettamente legati. In un contesto di crisi è necessario ripensare i consumi per evitare il punto di non ritorno

 

I limiti del nostro pianeta

A scuola lo abbiamo studiato tutti, e forse qualcuno se ne ricorda ancora: nel 1800 Thomas Malthus aveva elaborato una teoria secondo cui era impossibile che la popolazione globale crescesse oltre un certo limite, perché le risorse (o meglio, la loro estrazione) non bastavano a sostenere la sopravvivenza di tutti.

Fig. 1: Secondo Malthus la crescita della popolazione, superando la quantità di risorse disponibili, avrebbe finito per scatenare una crisi

 

Tale teoria è stata smentita negli anni seguenti dalle rivoluzioni tecnologiche, che hanno permesso l’attuale crescita della popolazione mondiale; le sue riformulazioni contemporanee sono sottoposte a molte critiche, dato che il problema non sembra essere tanto la mancanza di risorse quanto la loro sbagliata gestione o allocazione (pensiamo al fatto che ⅓ del cibo esistente viene perso o sprecato tra produzione e consumo).

 

La crisi climatica, tuttavia, ci pone nuovamente di fronte a una situazione spinosa: emissioni, uso del suolo, siccità, improvvisi tagli di energia dovuti a eventi avversi. Sembra che l’impatto umano sul clima sia ormai troppo alto per essere ignorato e, almeno al momento, alleggerito solo grazie alle tecnologie attuali. Se le innovazioni tendono a ridurre le emissioni e, più in generale, le conseguenze nefaste delle nostre azioni, il consumo spinge fortemente verso una crescita degli impatti ambientali e climatici. Ma cosa guida il consumo? 

 

 

Il rapporto tra ricchezza e cambiamento climatico

La ricchezza, principalmente, intesa sia in senso individuale che più largamente sociale. Un Paese più ricco tenderà a consumare più risorse, sia perché la popolazione ha maggiore disponibilità economica sia attraverso la spesa pubblica, volta a  garantire un più alto benessere. Se la tecnologia in futuro potrà compensare parte di questo consumo, gli studi ci dicono che in questo momento le innovazioni non bastano a separare l’aumento della ricchezza da quello degli impatti climatici. Basti pensare che, dopo anni di riduzione delle emissioni grazie all’efficientamento energetico degli edifici, l’Europa si trova attualmente in un periodo in cui i consumi domestici sono in risalita. La causa? Aver costruito più case, più grandi delle precedenti e con più elettrodomestici.

 

Anche se altre ricerche sembrano più ottimiste, in generale la richiesta di risorse connessa al miglioramento delle condizioni di vita sembra incompatibile con i limiti fisici del nostro pianeta. L’esempio più significativo è forse quello dell’UE: un recente rapporto dello European Environmental Bureau denunciava quanto il disaccoppiamento tanto pubblicizzato dalle economie europee tra emissioni e crescita economica non fosse in realtà avvenuto. Infatti, anche se gli impatti ambientali della crescita erano calati in Europa, sembravano essere aumentati altrove, seguendo quelle tendenze tutte economiche all’esternalizzazione delle produzioni e, pertanto, degli impatti ambientali negativi delle proprie azioni. 

 

La conseguenza naturale del miglioramento delle condizioni di vita, quindi, ha un costo climatico ben chiaro. Del resto, lo si poteva intuire anche dalla classifica degli stati con un’impronta ecologica individuale più alta: nel 2021 sono i Paesi del Golfo, Lussemburgo, Canada e Stati Uniti tra gli altri, con una chiara correlazione tra ricchezza personale e consumo delle risorse naturali. Se poi aggiungiamo all’equazione gli Stati in forte crescita economica, è facile comprendere che i prossimi anni saranno essenziali per trovare soluzioni alla crisi climatica prima che questa diventi troppo grave. 

 

Ma pensiamo anche a noi stessi. Vi siete mai domandati quanto siete ricchi rispetto al resto del mondo? (Potete calcolarlo qui!) Se a una maggiore ricchezza corrispondono maggiori consumi, più in alto saremo nella scala della ricchezza globale più è probabile che i nostri impatti su clima e risorse saranno eccessivi. 

 

Biforcazioni del futuro

Insomma, se il consumo è il primo problema e la ricchezza ne è il motore, le soluzioni rimangono due: ripensare completamente la società e come intendiamo il rapporto tra ricchezza e miglioramento della vita personale o sperare in un messia tecnologico che ci salvi prima che superiamo il punto di non ritorno

 

Fig. 2: per superare la crisi climatica sarà essenziale mantenere l’azione politica all’interno di due limiti: il tetto ambientale e le fondamenta sociali. Fonte Nature

 

 

Attualmente sembra la seconda opzione sia la più probabile; ma cosa comporta, nei fatti?

La pandemia ancora in corso ce ne può dare un assaggio: anni caratterizzati da criticità dei sistemi di produzione, rallentamenti di forniture di componentistica e prodotti finiti, crescita dei costi di alcuni prodotti essenziali e, soprattutto, categorie privilegiate e altre sacrificabili.

 

Come per la crisi climatica, queste problematiche generano un contesto di scarsità di risorse materiali ed energetiche in cui l’ineguaglianza sociale, guidata da quella economica, finisce per acuirsi ulteriormente.

 


È un caso estremo, ma immaginate una situazione in cui da una parte non è possibile produrre abbastanza auto elettriche per tutti, a causa della lentezza della produzione e del costo (ambientale ed economico) di alcune materie prime; mentre dall’altra la politica cerca di limitare l’utilizzo di auto a combustione fossile, soprattutto con l’approssimarsi della scadenza degli Accordi Internazionali. Cosa accadrebbe? Chi non può investire in un’auto elettrica rimane a piedi? Il governo redistribuisce le auto in base a criteri sociali? Come assicurare che chi più ha da perdere da una tale situazione venga compensato? 

 

Guidare la transizione rimane quindi il punto chiave della risoluzione della crisi climatica, per garantire che il cambiamento avvenga in tempi brevi e, ancor più, sia ispirato da criteri di equità sociale: una città accessibile attraverso mobilità pubblica e dolce, ad esempio, potrebbe risolvere parte della problematica della scarsità d’auto. 

 

La questione è certamente complessa, e al suo interno è fondamentale la presenza della volontà di rompere il circolo vizioso tra ricchezza, ineguaglianza e impatti climatici per un futuro che includa ognuno di noi.

 

Segui Duegradi su InstagramFacebookTelegramLinkedin e Twitter

Add a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *