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Se gli studenti scioperano per il clima

Se gli studenti scioperano per il clima

Di Marta Arbinolo e Roberta Arbinolo

“Nonno, cos’è un pupazzo di neve?”
“Alziamo la voce, non il livello del mare”
“Farò i miei compiti quando voi farete i vostri”

Questi sono alcuni degli slogan scritti a pennarello su cartelli di cartone dai giovani di tutto il mondo, che da qualche mese scendono in piazza per le manifestazioni dei “Venerdì per il Futuro” (#FridaysForFuture) e della “Gioventù per il clima” (#YouthForClimate). Ma di cosa si tratta esattamente?

Cos’è #FridaysForFuture?

#FridaysForFuture è un movimento globale di studenti di ogni livello, dalle elementari alle università, che sta conquistando i titoli dei giornali internazionali con un’iniziativa inedita: gli scioperi scolastici per il clima (#ClimateStrike). Ogni venerdì, invece di andare a lezione, decine di migliaia di giovani in ogni parte del mondo scendono in piazza per chiedere ai propri governi di agire per affrontare l’emergenza climatica.

Il movimento si ispira ad un’iniziativa di Greta Thunberg, sedicenne svedese che ha dato voce a una generazione. Greta ha cominciato a protestare nell’agosto 2018, protestando da sola davanti al Parlamento svedese ogni venerdì per chiedere un intervento urgente contro il cambiamento climatico.

“Ho imparato che non sei mai troppo piccolo per fare la differenza, e se alcuni ragazzini riescono a fare notizia in tutto il mondo semplicemente non andando a scuola, immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente”, ha detto Greta alla Cop 24 di Katowice. “Non possiamo risolvere una crisi senza trattarla come tale, (…) e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema, significa che dobbiamo cambiarlo”.

Le proteste nel mondo

I primi a scendere in piazza sono stati i giovani australiani: lo scorso novembre, in 15.000 hanno lasciato le aule scolastiche in 30 città, da Melbourne a Brisbane, da Perth a Sydney e Canberra, incuranti della dichiarazione del neo-eletto primo ministro Morrison, secondo cui nelle scuole ci vuole “più apprendimento e meno attivismo”.

Poi la protesta è arrivata in Europa. In Belgio la prima manifestazione del 10 gennaio ha riunito 3000 studenti. Una settimana dopo erano 12.500 e due settimane dopo 35.000. Il movimento è nato quando il parlamento belga ha votato contro le linee guida europee sull’efficienza energetica, ignorando la preoccupazione manifestata dalle oltre 65.000 persone che avevano marciato per il clima a Bruxelles in dicembre. Il movimento, che intende manifestare ogni giovedì fino alle elezioni nazionali ed europee di maggio, ha ricevuto l’incoraggiamento di 3500 scienziati e accademici belgi, che con una lettera aperta li hanno spronati a continuare la protesta. Persino Leonardo di Caprio ha espresso il suo supporto alle mobilitazioni.

Il movimento è molto forte anche in Svizzera e in Germania: nei freddi venerdì di gennaio, oltre 20.000 studenti sono scesi in piazza in 15 città svizzere e ed oltre 30.000 studenti hanno protestato in più di 50 città tedesche. Inoltre, le mobilitazioni si stanno diffondendo a macchia d’olio, dall’Olanda agli Stati Uniti, dalla Scozia alla Colombia, dal Canada alla Nuova Zelanda, dalla Finlandia all’Uganda e al Giappone.

E in Italia?

Da qualche settimana, #FridaysForFuture è arrivato anche in Italia. Se all’inizio si trattava di una manciata di cittadini davanti al comune della propria città, il movimento sta crescendo rapidamente e gli appuntamenti settimanali si vanno moltiplicando in tutta la penisola. Gli assembramenti più significativi sono quelli di Roma, Milano e Torino, ma iniziative analoghe stanno fiorendo spontaneamente in tutto il paese, da Taranto a Brescia, da Bologna a Venezia, da Udine a Napoli, da Bari a Como.

Oltre a partecipare settimanalmente alle proteste, i giovani italiani si stanno coordinando con gli altri movimenti studenteschi nel mondo per organizzare la Marcia Globale per il Clima, che si terrà il 15 marzo in oltre 40 paesi, inclusa l’Italia. Intanto, hanno già ricevuto l’appoggio del climatologo Luca Mercalli, attraverso un video messaggio pubblicato su Facebook. Recentemente è nata la pagina Facebook Fridays for Future Italy, che coordina il movimento nazionale, e molte nuove pagine stanno nascendo per organizzarsi in ogni città.

Non solo studenti

Se le proteste studentesche hanno riacceso il dibattito sul clima che cambia, i giovani non sono gli unici a preoccuparsi di riscaldamento globale e giustizia climatica. A partire dalla seconda metà del 2018, le marce per il clima si sono diffuse in tutto il mondo: decine di migliaia di persone di ogni età manifestano periodicamente in Francia, in Inghilterra e in Scandinavia, mentre a Milano il gruppo di appassionati di corsa Runners For Future si da appuntamento ogni venerdì in Piazza della Scala per correre insieme per il clima.

In Belgio il 27 gennaio oltre 70.000 persone – inclusa una delegazione di Duegradi – hanno marciato sotto la pioggia fino al Parlamento Europeo, e le ferrovie nazionali hanno dovuto intensificare il servizio per permettere ai manifestanti provenienti da tutto il paese di raggiungere la capitale.

Queste mobilitazioni lanciano un segnale forte e importante: per cambiare non basta agire nel “piccolo” delle nostre azioni quotidiane, è necessario farlo a livello collettivo. Se vogliamo arginare il cambiamento climatico, servono politiche ambiziose. E come ci insegnano tutti coloro che in questi giorni stanno scendendo in piazza, se queste politiche non ci sono, allora dobbiamo chiederle, facendo tutto il possibile (#WhateverItTakes) per restare dalla parte giusta della storia.

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