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Se sprecare cibo è una questione di testa

Se sprecare cibo è una questione di testa

Un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano non arriva nemmeno alle nostre tavole. Come si affronta questo spreco?

Vi siete mai chiesti quanto cibo ogni giorno nelle nostre case venga buttato nel pattume perché andato a male? Vi è mai successo di pensare a quanto dell’elegante buffet della colazione dell’hotel vada poi gettato? O quanto spesso i prodotti confezionati accumulati nella credenza superino la data di scadenza di mesi? Le bustine di Ciobar, ad esempio, sembrano viaggiare nel tempo a ritroso e all’inizio dell’autunno, con i primi freddi, ne scovi una, proprio dietro alla confezione dello zucchero a velo, che magicamente riporta la data di scadenza “15 maggio 1998”.

 

Le risorse che sprechiamo quando sprechiamo

Buttare via cibo a casa nostra è facilmente attribuibile ad una cattiva organizzazione della dieta familiare o ad un metodo di conservazione errato. Non si tratta di solo spreco economico o di risorse preziose come acqua, terreno fertile ed energia. Non si tratta solo di spendere soldi in prodotti che poi non vengono consumati, di dimenticarsi di avere 6 uova in casa e al supermercato comprarne altre 12, di cucinare troppo cibo rispetto agli amici invitati a cena per poi lasciarne avanzato la metà.

 

Lo spreco di cibo è anche direttamente collegato al cambiamento climatico; anzi, ricopre un ruolo da vero e proprio protagonista nel contribuire al livello di emissioni di gas serra di origine antropica. Il sistema produttivo di cibo, infatti, dipende prepotentemente dai combustibili fossili: il petrolio, ad esempio, viene utilizzato ad ogni passo della catena produttiva, dalla creazione di fertilizzanti ai meccanismi di semina e raccolta, dai sistemi di irrigazione ai trasporti. E non è tutto: la parte potenzialmente più dannosa sono proprio i rifiuti di scarto che, se abbandonati e lasciati a decomporsi nelle discariche, emettono metano, un gas serra 25 volte più potente della CO2 nell’intrappolare calore.

 

È necessaria una precisazione a questo punto. A livello globale l’impatto ambientale legato allo spreco di cibo proviene più dalla sovrapproduzione industriale che dal lato dei consumatori. Vi basti pensare che, secondo la FAO, che ogni anno un terzo del cibo prodotto nel mondo per il consumo umano non arriva nemmeno alle nostre tavole. Considerate che se lo spreco di cibo globale fosse una nazione, sarebbe il terzo paese al mondo per emissioni di gas serra, secondo solo a Cina e Stati Uniti. Ma non è tutto! Pensate che le giga-tonnellate di anidride carbonica prodotte come conseguenza dello spreco di cibo globale rappresentano l’8% delle emissioni totale dei gas serra di origine antropica: produrre troppo cibo inquina quasi quanto inquinano i trasporti via terra di tutto il mondo.

 

Talvolta è utile sommare le nostre condotte individuali per comprenderne meglio le conseguenze e percepire l’entità di un problema. Lo è in particolar modo per i paesi industrializzati, come l’Italia, in cui una grande quota di sprechi alimentari avviene nelle fasi finali, vale a dire nelle nostre case e nell’ambiente della ristorazione.

 

Torniamo dunque a noi. Si parlava di spreco di cibo a livello domestico o individuale. È bene ricordare che il consumo individuale è direttamente collegato al livello produttivo dei piani alti: se io spreco cibo, significa che ne compro troppo rispetto a quanto ne consumo o a quanto mi basterebbe per essere soddisfatto; se ne compro troppo, significa che sto gonfiando o comunque alterando la mia domanda di cibo nel mercato. Per la legge della domanda e dell’offerta, se Mario, il mio verduraio, vede che compro tantissimi cetrioli, se ne farà fornire di più; da lì è un attimo moltiplicare Mario per le migliaia di Mario del mondo e far partire una reazione a catena che porta alla sovrapproduzione di cetrioli. Come cambiare allora? Come limitare lo spreco di cibo nel nostro piccolo?

 

Le regole del gioco

Alcuni economisti comportamentali ci hanno provato con semplici esperimenti dai grandi risultati. Quando si parla di esperimenti comportamentali, si tratta di periodi in cui viene analizzato un certo tipo di comportamento di alcune specifiche persone, che vanno a far parte di un campione con caratteristiche abbastanza generali da poter rappresentare tutta la popolazione.

 

Supponiamo adesso di voler modificare il comportamento delle persone nello spreco di cibo, attraverso il nudging, una parola difficile da tradurre che comprende tutto un insieme di piccoli “incoraggiamenti” o, meglio, dei sottili suggerimenti che vanno ad influenzare il modo con cui le persone prendono decisioni e si comportano. Per poter misurare i risultati di questi “incoraggiamenti”, gli economisti comportamentali dividono il campione in due: un gruppo sarà di controllo e rappresenterà una sorta di ago della bilancia, mentre un altro riceverà un certo trattamento che possa avere un impatto sul comportamento delle persone.

 

Esperimenti

Un esperimento condotto nel 2018 in Danimarca affronta il tema dello spreco di cibo a livello familiare: è stato chiesto a un campione di persone, provvisto di apposita bilancia e sacchetti biodegradabili, di pesare i rifiuti che sarebbero andati nell’“umido”, o perché andati a male, o perché scarti dal processo di preparazione, o perché avanzati dal pasto, e di annotarlo quotidianamente.

 

In seguito, diversi gruppi di questo campione di persone sono stati assegnati a trattamenti differenti: al primo gruppo è stato consegnato del materiale informativo su come ridurre lo scarto da alcuni tipi di cibo (come, ad esempio, metodi per rendere deliziose parti spesso buttate) e su come conservare correttamente le diverse categorie in frigo e fuori; al secondo gruppo, invece, è stata applicata una riorganizzazione del frigo e delle dispense attraverso un sistema di semplicissime etichette che andasse a dividere il contenuto per tipo e scadenza.

 

“Devo venir mangiato al più presto”, si legge in uno scomparto del frigo, ad esempio. In pratica, un metodo per rendere il proprio frigo intelligente senza necessariamente un’app nel proprio telefonino e una dispensa che indicasse quali prodotti sarebbero dovuti essere consumati prima di altri. Rispetto al gruppo che non aveva ricevuto nessun trattamento, i partecipanti a cui erano stati assegnati i due diversi nudge hanno ridotto significativamente i propri rifiuti organici e imparato nuovi metodi di conservazione.

 

I dati analizzati, nonostante fossero inizialmente inquietanti se aggregati a livello mensile, dimostrano quanto dei semplici suggerimenti possano portare i consumatori ad essere più consapevoli sui propri sprechi e, soprattutto, offrire degli spunti su come ridurli.

 

Un esempio per il mondo della ristorazione arriva da due economisti che nel 2013 pubblicarono uno studio sul comportamento dei consumatori di buffet self-service e il legame tra la grandezza del piatto e lo spreco di cibo di ogni commensale. Venne osservato che i commensali che sceglievano di servirsi con il piatto più grande arrivavano a sprecare il 135% di cibo in più rispetto a coloro avessero scelto il piatto piccolo. Contemporaneamente, in 52 hotels norvegesi si testava l’efficacia di un nudge in un contesto simile: sostituirono i piatti al buffet da un diametro di 24 cm a un diametro di 21 cm e osservarono una riduzione di spreco di cibo del 19.5%. In pratica, dimostrarono che ridurre la grandezza del piatto di 1 cm può portare ad una riduzione di spreco di cibo fino a 2.5 kg! Da un piccolo accorgimento si può giungere ad un grande impatto se tutti i comportamenti delle persone si allineassero ad un cambiamento consapevole.

 

Tocca noi e tocca a noi

Ebbene sì, è il momento di rivelare un piccolo segreto: questo articolo stesso è di per sé un nudge, perché dopo averlo letto, ci sarà una vocina dentro di voi che vi renderà giusto un pizzico più consapevoli del diretto legame dello spreco di cibo con il cambiamento climatico e nella possibile gestione del cibo sotto il vostro tetto. Perché si tratta di accorgimenti infinitesimali che beneficiano tutti e non recano danno a nessuno. Ecco dimostrata la forza del nudging, che interviene a costi davvero molto bassi laddove la comune regolamentazione fa fatica ad insinuarsi. Un alleato che, grazie ad i suoi “incoraggiamenti”, può servirci a ridurre gli sprechi di cibo e le emissioni di gas serra, aiutandoci di conseguenza nella sfida al cambiamento climatico.

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