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La crisi climatica aumenterà gli attacchi degli squali in Australia? 

La crisi climatica aumenterà gli attacchi degli squali in Australia?

L’ aumento della temperatura degli oceani è una delle conseguenze più evidenti del cambiamento climatico; questo, inevitabilmente, comporta delle risposte da parte degli ecosistemi e delle specie che ne fanno parte.

 

di Virginia Mattioda

grafiche di Viola Madau

 

Migranti climatici con le pinne

A livello globale, la distribuzione degli animali marini e terrestri si sta modificando in risposta ai cambiamenti climatici. Ci sono alcune aree del pianeta però che stanno cambiando più rapidamente di altre. Un esempio? La costa sudorientale dell’Australia. Si tratta di un’area del pianeta influenzata dalla corrente dell’Australia orientale che trasporta verso sud acqua calda subtropicale proveniente dal Mar dei Coralli. 

 

Negli ultimi decenni, questa corrente si è intensificata ed estesa verso sud, con tassi di riscaldamento 3-4 volte superiori alla media globale. Cambiamenti così rapidi e intensi stanno causando notevoli mutamenti ambientali ed ecologici, quali prolungate ondate di calore marine (marine heatwaves), alterazioni nella disponibilità dei nutrienti e, di conseguenza, migrazioni di specie in aree diverse rispetto agli habitat d’origine. Studiare le risposte degli ecosistemi ai cambiamenti climatici è dunque di fondamentale importanza. In Australia, tra i numerosi animali marini che vivono lungo la costa, ce n’è uno verso cui l’uomo mostra particolare attenzione nel comprenderne gli spostamenti: lo squalo

 

 

Non solo “mangiatori di uomini”

In Australia si contano circa 180 specie diverse di squali. Questi animali sono predatori chiave, fondamentali per la stabilità della catena alimentare, in quanto prediligono pesci vecchi, malati o addirittura carcasse di animali morti, favorendo così la biodiversità e mantenendo in salute gli ecosistemi. I predatori apicali, si trovano appunto all’apice della piramide alimentare e sono vitali all’ecosistema in cui vivono perché mantengono l’equilibrio delle specie sottostanti, ovvero le specie predatrici inferiori. Se in futuro gli squali venissero a mancare, questo influirebbe sulla complessità e sulla biodiversità del loro ecosistema. 

 

 

Ci sono tuttavia alcune specie come lo squalo bianco (Carcharodon carcharias), lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier) e lo squalo leuca (Carcharhinus leucas), diventate tristemente famose per essere le principali responsabili degli attacchi all’uomo. Sebbene il rischio di essere morso da uno squalo sia molto basso (Australian Shark-Incident Database), queste specie hanno conquistato la nostra immaginazione come “mangiatori di uomini” grazie alle rappresentazioni dei media e di film come “Lo squalo”. 

 

Questo è uno dei motivi per cui in Australia, come in molte altre aree del mondo soggette a questo rischio, ci sono programmi come il “Shark Meshing (Bather Protection) Program nel Nuovo Galles del Sud, finalizzato a ridurre il rischio di attacchi ai bagnanti, con conseguenze però molto spesso letali non solo per gli squali ma anche per altre specie marine. 

 

Il mare si scalda, gli squali si spostano…

Anticipare gli spostamenti di questi enormi predatori è dunque fondamentale sotto vari punti di vista. Proprio per questo motivo, ricercatori provenienti da diverse università del mondo si sono messi al lavoro per fornire modelli di previsione degli spostamenti degli squali causati dai cambiamenti climatici lungo la costa orientale dell’Australia  

 

Nello specifico, uno studio scientifico condotto sui dati ottenuti dagli squali tigre catturati lungo le coste del Nuovo Galles del Sud tra il 1950 e il 2015, ha riportato una maggior abbondanza di questi animali quando la temperatura media delle acque costiere raggiunge i 22°C, ovvero in estate. Al di là dell’importanza del dato in sé, capire a quale temperatura è più attiva una specie potenzialmente pericolosa per l’uomo, permette di prevedere i periodi dell’anno a maggior rischio di attacchi. 

 

I risultati emersi sono stati successivamente confermati da un’altro studio scientifico incentrato sulla distribuzione degli squali leuca in relazione al rafforzamento della corrente dell’Australia orientale. Difatti, quello che è emerso dai dati raccolti tra il 2009 e il 2018 è che il numero di squali  aumenta significativamente in presenza di temperature dell’acqua superiori ai 22°C e di un rafforzamento dei flussi costieri della corrente dell’Australia orientale. Ciò significa che, qualora queste condizioni ambientali venissero mantenute o, peggio ancora, intensificate  nel prossimo futuro, il numero di squali leuca presenti lungo le coste del Nuovo Galles del Sud potrebbe aumentare. Il modello predittivo dello studio ha indicato infatti che, entro il 2030, la soglia dei 22°C si estenderà a tutta la costa da dicembre ad aprile, offrendo così condizioni favorevoli alla presenza degli squali leuca per 3 mesi in più all’anno rispetto ad oggi.  

 

A questo punto, non resta che chiedersi: visto il rapido aumento delle temperature, quali saranno le conseguenze di una maggior frequentazione, da parte degli squali e dei bagnanti, delle acque costiere del Nuovo Galles del Sud?

 

Programmi di protezione anche per gli squali

Ogni anno, un piccolo numero di persone viene ferito o ucciso dal morso di uno squalo. Allo stesso tempo, la conservazione degli squali e altre specie marine è messa a dura prova dai programmi di controllo degli squali messi in opera per ridurre il rischio di attacchi ai bagnanti. Al di là delle previsioni, una cosa è certa: il clima sta cambiando, gli ecosistemi sono sottoposti a forti pressioni e la fauna selvatica, inevitabilmente, si sposta per sopravvivere. 

 

Una convivenza pacifica con questi grandi predatori è dunque possibile? Se finora abbiamo limitato gli incontri con gli squali allestendo reti chilometriche lungo le coste, i cambiamenti climatici potrebbero porci di fronte a nuove soluzioni. Per esempio programmi di protezione bagnanti dinamici che, insieme all’utilizzo di nuove tecnologie non letali come quelle proposte dal “NSW Management strategy”, considerino fattori ambientali quali temperatura dell’acqua e direzione delle correnti, per definire quando e dove potrebbe esserci un maggior rischio di incontro con squali.

 

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