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Come lo studio dei ghiacciai ci aiuta a capire il cambiamento climatico

Come lo studio dei ghiacciai ci aiuta a capire il cambiamento climatico

I paleoclimatologi studiano le carote di ghiaccio per comprendere come è cambiato il clima nel passato. E ne traggono lezioni per il futuro.

Giuditta Celli

Quando si discute di cambiamenti climatici, spesso ci si trova a parlare non solo del clima recente ma anche di quello di migliaia di anni fa. Ma come fanno gli scienziati a dirci quali condizioni climatiche esistevano a quei tempi, quando l’uomo ancora non era presente sulla Terra o non aveva la strumentazione necessaria per fare delle misurazioni climatiche? E poi, perché dovrebbe interessarci parlare di ere geologiche così lontane nel passato, quando il sistema Terra rischia di essere compromesso oggi? Per rispondere a queste domande è necessario riferirsi al concetto di paleoclima, e del ruolo dei ghiacciai nella nostra comprensione del clima presente e futuro.

 

Che cos’è il paleoclima?

La parola paleoclima è sconosciuta alla maggior parte delle persone ma è un concetto fondamentale per gli scienziati che studiano il clima e i suoi cambiamenti. Il termine indica il clima delle ere geologiche antecedenti l’epoca industriale, e viene ricostruito attraverso elaborate analisi di dati chimici, fisici e biologici, che sembrerebbero aver nulla a che fare con il clima e il tempo atmosferico.  

 

E’ solo nel periodo della rivoluzione industriale, infatti, che l’uomo ha iniziato a sviluppare la strumentazione per misurare con precisione i parametri climatici, come temperatura, pressione ed umidità. Per il periodo antecedente, non avendo a disposizione dati osservativi (o quantomeno non sempre precisi e accurati), gli scienziati sono costretti a trovare una via alternativa, adoperando dati indiretti estrapolati dall’analisi di sedimenti, rocce, anelli di crescita degli alberi e carote di ghiaccio, vale a dire i cosiddetti “archivi paleoclimatici”. Attraverso i dati di questi archivi, è possibile descrivere il clima e la composizione atmosferica fino a diverse centinaia di migliaia di anni fa e identificare le possibili cause della loro variabilità. Grazie alle carote di ghiaccio, abbiamo potuto identificare. Ad esempio le eruzioni vulcaniche, la tettonica a placche e la posizione reciproca Sole-Terra come responsabili di alcune delle oscillazioni climatiche avvenute negli ultimi millenni. Allo stesso modo, siamo riusciti a dimostrare che l’attività umana e le relative emissioni di gas serra siano responsabili del cambiamento climatico che stiamo affrontando oggi. 

 

 

Carote di ghiaccio

Le carote di ghiaccio sono dei cilindri che possono essere estratti a differente profondità nei ghiacciai. Durante la formazione del ghiaccio alcune sostanze come gas e particolato atmosferico possono rimanere intrappolate nelle bollicine di aria che si creano durante il processo. È proprio estraendo queste sostanze e analizzandone le caratteristiche chimico-fisiche (le quali cambiano con le condizioni climatiche), che si ricavano tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno. Ad esempio, lo studio delle diverse forme isotopiche di ossigeno, cioè atomi di ossigeno composti da un numero differente di particelle neutre, possono aiutare con la definizione della temperatura, mentre lo studio di altri isotopi, unito al confronto con altri archivi paleoclimatici, forniscono la datazione del ghiaccio in analisi. 

 

Quali informazioni si sono ottenute fino ad oggi?

Le ricerche più importanti fatte fino ad oggi in Groenlandia ed in Antartide hanno fornito informazioni sui cambiamenti climatici fino a 800 mila anni fa.

 

In questi 800 mila anni gli scienziati hanno identificato 8 cicli glaciali-interglaciali, che si sono ripetuti ad intervalli di 40-100 mila anni per le glaciazioni e 5-41 mila anni per le interglaciazioni. Per descrivere ogni ciclo sono stati utilizzati parametri come la temperatura e la concentrazione di anidride carbonica. Sia per la temperatura che per la concentrazione di CO2, i valori si ripetono in ogni periodo in modo ciclico ed entro un intervallo limitato di valori. Ad esempio, le temperature oscillano tra -8°C e +4°C rispetto la temperatura media dell’ultimo millennio, mentre la concentrazione di anidride carbonica è compresa tra 160 e 300 parti per milione (ppm)

 

 

Questi stessi parametri li possiamo utilizzare anche per descrivere il periodo interglaciale che stiamo vivendo, chiamato Olocene e iniziato circa 11.700 anni fa. Se facciamo un confronto tra i dati di temperatura e concentrazione di anidride carbonica contemporanei e quelli delle carote di ghiaccio, comprendiamo come negli ultimi decenni si è verificato un aumento molto più veloce dei loro valori. Ad esempio, nella carota antartica di EPICA il valore massimo di CO2 misurato negli ultimi 800mila anni, è attorno a 300 ppm. Noi abbiamo raggiunto questo valore nel 1950 e da quel momento abbiamo continuato a produrre gas serra con un aumento ininterrotto della sua concentrazione atmosferica, fino ai 415 ppm del 2020. Ad oggi, tutti gli scenari per il futuro prevedono ulteriori incrementi.

 

Cosa può insegnarci tutto ciò sul futuro?

Utilizzando tutte queste informazioni possiamo quindi immaginare come sarebbe il clima senza la nostra presenza e come essa lo stia modificando. Analizzando i cambiamenti che sono già avvenuti, è possibile formulare delle previsioni per i possibili scenari futuri e comprendere le future variazioni climatiche. Questo ci aiuta a capire le conseguenze che avrà il nostro attuale stile di vita sul clima del Pianeta e ci permette di ipotizzare quanto tempo sia ancora a nostra disposizione per invertire la rotta. 

 

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