La transizione energetica, oggi
Per fermare i cambiamenti climatici dobbiamo innanzitutto cambiare il nostro sistema energetico. Come?
Una transizione energetica è il passaggio da un sistema energetico ad un altro. Non è un fenomeno nuovo: l’uomo ne ha effettuati diversi nel corso della sua breve storia sulla Terra. L’ultimo, e il più importante da tenere a mente quando si discute di cambiamento climatico, è stato il passaggio ad un sistema energetico basato su carbone, petrolio e gas naturale – ovvero, sui combustibili fossili. A partire dagli anni Ottanta ci siamo resi conto che questo sistema energetico, a causa delle sue emissioni di carbonio nell’atmosfera, è alla base del cambiamento climatico. Ci siamo resi conto, insomma, che per evitare una catastrofe climatica (e ambientale) è necessario effettuare un’altra transizione, verso un sistema energetico che permetta di svolgere le stesse attività che portiamo avanti oggi (o la maggior parte di esse) azzerando allo stesso tempo le emissioni di gas serra. Questa transizione è anche nota come decarbonizzazione del settore energetico.
L’unico modo per attuarla è passare da un sistema fondato prettamente sull’utilizzo di combustibili fossili ad un sistema che prediliga fonti rinnovabili e che, contestualmente, promuova efficienza e risparmio nell’utilizzo dell’energia. Secondo l’IRENA, l’agenzia internazionale per le energie rinnovabili, fonti rinnovabili ed efficienza energetica potrebbero potenzialmente ridurre del 90% le emissioni di carbonio del settore energetico. Ma come possiamo mettere in moto questa transizione? Proviamo a capire qualcosa di più.
Le energie rinnovabili
Il punto cruciale della transizione energetica è il passaggio dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabile. Quando si parla di energia rinnovabile, ci si riferisce a tutte le forme di energia presenti sul nostro pianeta la cui disponibilità, a differenza dei combustibili fossili, si rinnova illimitatamente nel tempo – quantomeno nell’orizzonte temporale concesso agli uomini. Queste forme di energia hanno un altro, enorme vantaggio rispetto ai combustibili fossili: poiché (ad eccezione delle bioenergie) non derivano da massa organica, che è composta di carbonio, il loro utilizzo non comporta l’emissione di anidride carbonica o metano nell’atmosfera.
Le principali fonti rinnovabili oggi disponibili sono quelle che abbiamo sempre utilizzato: la corrente dei fiumi, il vento e la luce del sole. Il 90% del totale dell’energia rinnovabile generata a livello mondiale proviene da queste tre fonti di energia – che oggi conosciamo rispettivamente coi nomi di energia idroelettrica, eolica e solare. Al momento, in secondo piano ci sono le bioenergie, cioè le energie generate dalla fermentazione o dalla combustione di massa organica (come il concime o le piante); e l’energia geotermica, generata grazie al calore che esce dalla crosta terrestre (ad esempio in forma di geyser), disponibile però solo in alcune aree del mondo. Sebbene agli albori, esistono persino delle tecnologie che sfruttano il movimento delle onde e delle maree.
Rispetto al passato c’è una differenza sostanziale nel modo in cui utilizziamo queste forze della natura: oggi riusciamo a convertirle in forme di energia a noi più congeniali. Nel caso dell’idroelettrico, dell’eolico e del solare – e, quindi, nella stragrande maggioranza dei casi – le energie liberate dalla natura sono convertite in elettricità. L’energia cinetica che possiede l’acqua di un fiume in discesa verso valle, che nel passato potevamo usare solo per navigare o azionare dei mulini ad acqua, oggi la utilizziamo convertendola in energia elettrica. Riusciamo a convertire in elettricità anche la forza del vento, che un tempo muoveva i mulini ed oggi delle gigantesche pale eoliche, e l’energia della luce solare, catturata dai pannelli fotovoltaici.
Il fatto che gran parte dell’energia derivata da fonti rinnovabili venga utilizzata sotto forma di elettricità non significa che tutta l’elettricità che utilizziamo sia generata da fonti rinnovabili (anzi, è più probabile che non lo sia: proviene da energie rinnovabili solo il 25% dell’elettricità prodotta a livello mondiale). Significa, piuttosto, che per sfruttare appieno il potenziale delle rinnovabili e far decollare la transizione energetica sarà importante l’elettrificazione del nostro sistema energetico.
Oggi utilizziamo l’elettricità per molte delle nostre attività quotidiane: caricare il cellulare, accendere la luce del salotto, farci un frullato, lavorare al computer e vedere un film alla tivù. Eppure, l’elettricità costituisce solamente una piccola percentuale dell’energia che consumiamo; in Europa, per esempio, si aggira attorno al 23%. Pensiamo ad alcune attività domestiche, come accendere un fornello a gas o un termosifone; ma, soprattutto, pensiamo ad altri settori della nostra economia, come il settore industriale (ed in particolare le industrie pesanti, come quelle che producono acciaio) o settore dei trasporti, che utilizza ancora quasi esclusivamente petrolio. Convertire, per quanto possibile, le attività di questi settori all’energia elettrica è fondamentale, perché senza elettrificazione l’espansione delle rinnovabili resterà limitata.
Un altro fattore importante per lo sviluppo delle fonti rinnovabili sarà la capacità di immagazzinare l’energia che producono o, come si dice in gergo, di “stoccarle” (“to stock” in inglese). L’energia elettrica ha una caratteristica che la contraddistingue: una volta generata deve essere subito consumata. Questo non è un problema se la fonte originaria dell’elettricità è uno tra i combustibili fossili, che possono essere stoccati con facilità (il carbone in un magazzino, il petrolio nei barili o nel motore di una macchina) ed utilizzati quando necessario. “Gestire” le fonti rinnovabili è invece molto più complesso: non possiamo decidere quale sarà la portata di un fiume, quando soffierà il vento e a che ora la luce del sole sarà più intensa. L’elettricità che esse producono, insomma, potrebbe essere di più quando non ci serve o, viceversa, non essere sufficiente quando ne abbiamo più bisogno. Un pannello fotovoltaico sul tetto di una casa, per esempio, riceve dal sole più energia durante le ore centrali della giornata, quando solitamente ne abbiamo meno bisogno (siamo in ufficio, o c’è già abbastanza luce), e decisamente meno la mattina presto o la sera, quando invece accendiamo la luce, l’asciugacapelli o la tivù.
Per risolvere la situazione dobbiamo trovare il modo di immagazzinare l’energia del sole di mezzogiorno, che il nostro pannello solare tramuta in elettricità, per poterla riutilizzare la sera. Oggi, l’unico modo che abbiamo per stoccare l’energia elettrica è quello di accumularla in una pila o in una batteria ricaricabile, come quella all’interno del vostro telefono cellulare. Tuttavia, la capacità delle batterie di accumulare energia rimane ancora piuttosto limitata: pensate a quanta autonomia ha il vostro cellulare ed immaginate, in proporzione, quanto potenti dovrebbero essere le batterie in grado di mandare avanti un’azienda tessile. Per far decollare la transizione energetica sarà importante puntare su batterie più potenti, e più in generale su sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica.
L’efficienza energetica
La transizione energetica passa per un altro punto fondamentale: l’utilizzo più efficiente dell’energia. In altre parole: svolgere lo stesso numero di attività consumando un quantitativo inferiore di energia – o, se preferite, diminuendone gli sprechi.
Potrebbe sembrare un aspetto marginale, ma se guardiamo al passato ci rendiamo conto che non lo è affatto. L’efficienza energetica ha avuto un ruolo di rilievo nella nostra storia. La macchina a vapore di Watt, che ha dato il via alla Rivoluzione Industriale, non fece altro che produrre energia cinetica dal vapore in maniera più efficiente di una più antica macchina a vapore, brevettata oltre cinquant’anni prima. La stessa diffusione dell’agricoltura e la conseguente selezione delle colture è traducibile, in termini energetici, nell’efficientamento di quella che al tempo era la nostra principale fonte di energia: il cibo. Per questo motivo, l’efficienza energetica ricopre un ruolo fondamentale negli obiettivi di mitigazione delle emissioni di gas serra a livello globale (anche per l’Italia).
Ma come facciamo a fare le stesse cose consumando meno energia? Il punto da cui partire è che la quantità di energia che effettivamente utilizziamo è di molto inferiore alla quantità di energia presente alla fonte. In parte, ciò è dovuto al fatto che quando convertiamo l’energia da una forma ad un’altra – per esempio, quando convertiamo l’energia cinetica del vento in elettricità – parte di essa viene inevitabilmente dispersa nel processo sotto forma di calore. Ma l’energia viene “sprecata” in molti altri modi: durante la fase di produzione, mentre viene trasportata dal produttore all’utilizzatore – per esempio dalla centrale elettrica alle nostre case – e persino una volta giunta a destinazione. Aumentare l’efficienza del nostro sistema energetico, quindi, significa essenzialmente rendere più efficiente la produzione, la distribuzione ed il consumo di energia.
Proviamo a fare degli esempi pratici. In una centrale termoelettrica convenzionale – per esempio, una che brucia il carbone per produrre energia elettrica – circa i due terzi dell’energia vengono dispersi sotto forma di calore. In una centrale termoelettrica a cogenerazione, invece, buona parte del calore “sprecato” viene riutilizzato, ad esempio, per riscaldare le case adiacenti o gli stessi edifici della centrale. Secondo l’EPA, l’agenzia statunitense per la protezione ambientale, nei centri urbani una centrale a cogenerazione può arrivare ad essere più efficiente dell’80% rispetto ad una centrale convenzionale. Un esempio comune per l’efficientamento della distribuzione di energia è invece l’utilizzo delle “smart grid”, delle reti elettriche rese “intelligenti” dalle tecnologie digitali e in grado, per esempio, di registrare i dati sui flussi dell’elettricità per rendere i consumi più efficienti.
Tuttavia secondo la IEA, l’agenzia internazionale dell’energia, il tassello centrale dell’efficientamento del nostro sistema energetico non sono né la produzione né la distribuzione, bensì la sua destinazione finale: gli edifici. Le nostre case, i nostri uffici, i supermercati dove andiamo a fare la spesa, le aziende che producono i prodotti che poi acquistiamo nei negozi, sono spazi fisici che devono essere costantemente illuminati, provvisti di corrente, riscaldati o rinfrescati. I margini per rendere più efficiente l’utilizzo di energia negli edifici – da cui deriva il 28% delle emissioni del settore energetico – sono ampi. Anche semplicemente costruire o ristrutturare gli edifici in maniera più efficiente (ad esempio nella scelta dei materiali per pavimenti, muri e finestre), potrebbe ridurre l’utilizzo di energia al loro interno fino al 30% entro il 2050, anche se il numero di edifici dovesse raddoppiare.
Anche noi possiamo contribuire all’efficientamento energetico degli edifici, scegliendo di comprare delle lampadine, una lavastoviglie o un frigo che consumano meno energia (e quindi più efficienti!). Un altro metodo infallibile è semplicemente quello di ridurre il consumo di energia. Possiamo farlo da casa: si tratta di spegnere la luce uscendo da una stanza, ma anche di non lasciare le finestre aperte quando i termosifoni sono accesi o utilizzare la lavatrice solo quando è sufficientemente piena. Possiamo farlo in altre nostre scelte quotidiane: quando preferiamo i mezzi di trasporto alla macchina o, più indirettamente, quando evitiamo di comprare l’ennesima maglietta che ci piace, ma non ci serve.
Una sfida complessa ma necessaria
Abbandonare il sistema energetico basato sui combustibili fossili è una sfida terribilmente complessa, anche per chi è convinto sia necessaria. Come abbiamo avuto modo di raccontare, è sui combustibili fossili che si regge il nostro sistema energetico e, in ultima analisi, la società in cui viviamo. Sradicare questo sistema è necessario, ma dobbiamo essere consapevoli che ciò apporterà dei cambiamenti radicali anche nel tessuto socio-economico. Dobbiamo procedere con cautela, perché altrimenti il rischio di effetti collaterali – basti pensare, per esempio, ai lavoratori del settore di produzione del carbone o del petrolio, o ai potenziali rischi per la biodiversità ed il consumo di suolo causati dalle bioenergie – è elevatissimo. E allo stesso tempo dobbiamo fare scelte rapide, perché siamo in corsa contro il tempo.
Siamo all’affannosa ricerca di un equilibrio difficilissimo da trovare. Per questo motivo la discussione attorno alla transizione energetica, o quantomeno attorno alle modalità con la quale essa dovrà avvenire, è viva e di importanza capitale. Permangono diversi dubbi di cui avremo modo di discutere: basteranno le energie rinnovabili a sostenere la domanda di energia in crescita esponenziale? che ruolo dovremmo dare all’energia nucleare? arriverà presto una tecnologia in grado di cambiare le carte in tavola? sarà necessario pensare ad una fase transitoria tra il fossile e le rinnovabili dominata dal gas naturale?
Abbiamo due certezze. La prima è che la transizione energetica non sta avvenendo alla velocità necessaria a fermare l’aumento della temperatura della Terra. La seconda è che in questa selva oscura di domande dovremmo farci largo a suon di scelte nette e coraggiose. I leader mondiali, quando si incontreranno per negoziare nuovi accordi. I governi e i parlamenti nazionali e locali, quando dovranno adottare misure che facilitino la transizione. Noi, quando suona la sveglia, accendiamo la luce, mettiamo la moka sui fornelli e ci avviamo a passo svelto verso un’altra giornata di lavoro.
*Questa è la seconda parte di “La transizione energetica, ieri e oggi”. La prima parte dell’articolo, incentrata sulle transizioni energetiche del passato, potete leggerla qui.
…è possibile accumulare energia elettrica dentro ad un bollitore a resistenza… o pompando acqua in alto in caso di eccedenza di energia e farla ricadere all occorrenza…
…si può produrre energia anche tramite lavoro meccanico umano (palestre, carceri, ecc.)…
Insomma, non mi sembrate troppo preparati in materia.
Saluti
Gentile Max,
grazie del commento. Siamo consapevoli che esistano molti metodi di produrre energia; questo articolo contava di presentarne i più significativi.
L’accumulo di energia da te citato rientra all’interno di sistemi produzione esistenti (rinnovabili e non); l’energia da lavoro meccanico è in studio in contesti in cui si possano sfruttare “perdite” di lavoro (come gli spostamenti d’aria in autostrada), perché per il resto non è neanche lontanamente paragonabile alle altre fonti di energia.
Nel limite della nostra capacità, cerchiamo sempre di approfondire gli aspetti che meritano attenzione nella questione climatica. Speriamo di continuare a farlo anche grazie alle tue osservazioni.