La transizione energetica, ieri
Per fermare i cambiamenti climatici dobbiamo innanzitutto comprendere il nostro sistema energetico. E poi dobbiamo cambiarlo.
Suona la sveglia, la spegnete a tentoni con gli occhi ancora semichiusi. La luce dello schermo del cellulare inonda il vostro campo visivo: sono già arrivati dei messaggi ed un paio di mail. Con passo incerto vi alzate, accendete la luce, vi buttate sotto il getto caldo della doccia. Quando giungete in cucina – percepite ancora il tepore emanato dal termosifone – siete già irrimediabilmente in ritardo. Così, nell’agognante attesa del gorgoglio della moka sui fornelli, avete già cercato qualcosa da indossare e prima che ve ne accorgiate siete per strada, in metropolitana, in macchina, pronti per un’altra giornata di lavoro.
Soffermatevi per un attimo a riflettere su quante di queste azioni giornaliere abbiano necessitato di una fonte di energia per essere portate a compimento. Immaginate per un attimo l’orrore, nella nebbia mentale del mattino, quando vi rendete conto che il gas dei fornelli non funziona e che il caffè potrete berlo (per giunta annacquato) solamente una volta giunti in ufficio. Poi provate a immaginare quante altre azioni durante la giornata non sarebbero possibili senza l’utilizzo di energia. Il nostro sistema sociale, economico e culturale si regge su un sistema energetico. Per capire come rendere più sostenibile la nostra società, non possiamo prescindere dal discutere di energia. Cerchiamo di capire il perché.
Una questione di energia
Alla base di tutto quello che facciamo c’è l’energia. Non si tratta solamente dell’elettricità necessaria ad accendere una lampadina o un impianto di areazione in un ospedale, o della scintilla che accende il motore dell’auto. Consumiamo energia anche semplicemente quando solleviamo la busta della spesa, quando facciamo attività fisica e persino mentre respiriamo. Possiamo affermare, in effetti, che l’energia è alla base della vita sulla Terra.
Per vivere, gli esseri umani attingono la loro energia dalle piante e dagli animali di cui si nutrono. Ogni tipo di massa può essere infatti convertito in energia – la celebre equazione scoperta da Einstein, E=mc², esplicita proprio questa relazione. Il corpo umano è in grado di convertire la massa organica di una zucchina o di una bistecca in attività muscolare; è per questo che, per esempio, quando mangiamo un piatto di pasta ci sentiamo più in forze per andare a giocare a calcetto o a pallavolo. A sua volta, tutto ciò che ingeriamo esiste grazie alla fonte di energia più potente che conosciamo: i raggi del sole, che le piante tramutano in massa organica grazie al processo di fotosintesi clorofilliana.
Per centinaia di migliaia di anni, tutta l’energia di cui Homo sapiens disponeva era quella che il suo corpo, attraverso il cibo, convertiva in potenza muscolare. Circa 300mila anni fa, quando i nostri antenati capirono come addomesticare il fuoco, imparammo a generare energia sotto forma di calore. Quando scoprimmo l’agricoltura ed entrammo nella storia, imparammo ad addomesticare gli animali e ad usare come forma di energia anche la loro potenza muscolare – a cominciare da quella dei buoi per trainare l’aratro. Col passare dei secoli, fummo in grado di sfruttare anche altre forme di energia attorno a noi: stendendo le vele catturammo la forza del vento e cominciammo a navigare; con la corrente dei fiumi azionammo i primi mulini ad acqua.
Domare queste fonti di energia – il fuoco, gli animali, l’acqua e il vento – ci ha consentito nel tempo di percorrere distanze più lunghe, accumulare provviste e utilizzare le nostre energie per altre attività – ad esempio per comporre poesie, inventare armi più letali e costruire abitazioni più sicure e più sfarzose. Tuttavia, quello che potevamo fare rimaneva soggetto alle contingenze della natura: non potevamo usare il vento per scaldare le nostre case (per quello era necessario il fuoco) e non potevamo azionare il nostro mulino nell’anno in cui il fiume era in secca.
La Rivoluzione
Poi, intorno alla metà del Settecento, c’è stata la Rivoluzione: abbiamo capito come convertire l’energia da una forma all’altra. L’intuizione che portò James Watt a brevettare nel 1775 la macchina a vapore fu che il calore si poteva convertire in moto: quando l’acqua bolliva, si generava del calore col quale si potevano mettere in moto i pistoni del motore di un telaio o di una locomotiva. La portata della scoperta fu incredibile soprattutto perché permise all’uomo di liberarsi dalla dipendenza delle disponibilità naturali: con la macchina a vapore potevamo azionare una locomotiva in ogni momento, ovunque fosse necessario o profittevole. Serviva solo qualcosa che potesse bruciare ad oltranza per produrre calore: fu scelto il carbone.
Dopo il carbone, motore della Rivoluzione Industriale partita nelle fabbriche tessili del Regno Unito, fu la volta del petrolio. Il primo pozzo fu scavato in Pennsylvania, negli Stati Uniti, nel 1859; già alla fine dell’Ottocento, metà dell’energia mondiale era ottenuta bruciando carbone o petrolio. Ad essi si aggiunse, col tempo e con l’avvento di nuove tecnologie, l’utilizzo del gas naturale. Oggi, l’energia ottenuta da questi tre combustibili fossili rappresenta più dell’80% dell’energia che consumiamo.
Torniamo al nostro esempio mattutino: è verosimile pensare che l’energia elettrica che ha caricato il vostro telefono, la fiamma della caldaia che ha scaldato l’acqua della doccia, il fornello sulla quale avete scaldato la moka, siano state generate da gas naturale; benché più improbabile, è comunque possibile che il termosifone si sia scaldato grazie alla combustione di carbone. Grazie al carbone sono stati fatti però i binari di acciaio sui quali sfreccia la metropolitana, mentre grazie al petrolio riuscite a mettere in moto la vostra auto, guidare su una strada d’asfalto e ricevere un pacco di Amazon, arrivato comodamente dall’America via nave o via aereo. La nostra vita quotidiana, e così il nostro sistema socio-economico, si basano su un’immensa quantità di energia che i combustibili fossili rendono disponibile.
Un sistema insostenibile
Questa immensa quantità di energia, purtroppo, ha un prezzo. Lo avevamo cominciato ad intuire già negli anni Sessanta del secolo scorso: bruciare combustibili fossili causa l’emissione di un’enorme quantità di carbonio nell’atmosfera terrestre. Nello specifico, la combustione di gas naturale, petrolio e carbone è alla base dell’85% delle emissioni di carbonio causate da attività umane (il restante 15% è causato dalla deforestazione e da altri cambiamenti antropogenici nell’utilizzo del suolo). A contatto con l’ossigeno, il carbonio diventa anidride carbonica (CO2), la cui concentrazione nell’atmosfera – che oggi si aggira attorno alle 410 parti per milione, probabilmente il valore più alto degli ultimi venti milioni di anni – è la principale responsabile del fenomeno che conosciamo come cambiamento climatico.
Da questo dilemma è difficile fuggire: l’unica cosa da fare per evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico è smettere di emettere gas serra, soprattutto anidride carbonica. Ad oggi, l’unico modo per farlo è smettere di bruciare combustibili fossili.
Come abbiamo visto, però, è difficile fare a meno dell’energia nella nostra vita quotidiana, ed è impensabile che la società in cui viviamo possa reggere senza di essa. Al contrario, la domanda di energia nel mondo è in continua crescita e non si fermerà nei prossimi decenni, perché ne utilizziamo di più – per esempio per lavorare con computer più potenti – e perché dobbiamo ancora tenere conto di diversi miliardi di persone: dei 940 milioni di persone che nel 2016 non avevano ancora accesso all’energia elettrica e dei tre miliardi che si aggiungeranno alla popolazione mondiale entro la fine del secolo.
Come potremmo continuare a consumare questo immane quantitativo di energia, garantire l’accesso all’energia a miliardi di persone che ancora non ce l’hanno, e al tempo stesso ridurre il più velocemente possibile le nostre emissioni di gas serra? La soluzione, è quella di mettere in atto una transizione energetica. In altre parole, dobbiamo apportare una modifica radicale del nostro sistema energetico, sulla cui necessità sembrano peraltro convergere (quantomeno a parole) la quali totalità dei governi a livello globale (anche se i risultati sono per ora largamente insufficienti).
Parleremo dei tratti salienti della transizione energetica nella seconda parte dell’articolo*. Ci pare interessante concludere questa prima sezione sottolineando che, come in tutti i grandi cambiamenti energetici della storia umana, la tecnologia ricopre (e ricoprirà) un ruolo preponderante. Rispetto al passato, però, c’è una differenza fondamentale: non stiamo procedendo alla cieca. Dietro ai recenti sviluppi tecnologici c’è la consapevolezza che il nostro attuale sistema energetico non è sostenibile, e l’esplicita volontà di cambiarlo. Riusciremo a farlo in tempo?
*Questa è la prima parte di “La transizione energetica, ieri e oggi”. La seconda parte dell’articolo, incentrata sulla transizione energetica attualmente in corso, uscirà sul nostro sito venerdì 8 maggio.
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