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Tweet4Tweet: il clima e gli eventi metereologici estremi

“Well I’ve learned my lesson in tweeting anything about climate change. I’m going to be transparent & let you know I’m deleting the earlier tweets.  I’m not the one to fight with on this because like most I believe that emissions cause climate change and we should reduce emissions”

“Beh, ho imparato la lezione nel twittare sul cambiamento climatico. Sarò trasparente e vi dico che cancellerò i miei tweet precedenti. Non sono certo quella che fa partire una battaglia mediatica, perché come la maggior parte delle persone credo che le emissioni causino il cambiamento climatico e che dovremmo diminuirle”

Siamo agli albori di uno dei mesi più caldi della storia. Giugno 2019: il più caldo dal 1850. Lisa Raitt, politica canadese, deputata conservatrice all’opposizione, twitta suddette parole. Ha imparato la lezione, dice. Cancella i suoi precedenti tweet. Afferma inoltre che il cambiamento climatico sia un fenomeno da combattere riducendo le emissioni. Ma facciamo un passo indietro: che ha detto nei suoi tweet precedenti, e quale risposta può aver scatenato per giungere a un tweet che è quasi un’ammissione di colpa?

Spulciando su Internet si può risalire alla fatidica affermazione della politica Canadese: secondo la deputata Raitt, non vi è connessione credibile tra incremento degli eventi atmosferici estremi e cambiamento climatico. Questa correlazione, secondo lei, è disinformazione con secondi fini politici. Ecco il tweet poi cancellato:

Il tweet in cui la deputata Raitt riprende un articolo che nega la correlazione tra eventi estremi e cambiamento climatico

La vice-leader dell’opposizione canadese fa riferimento a un articolo pubblicato dall’economista Ross McKitrick in una rivista economica, che affermerebbe la mancanza di correlazione tra cambiamento climatico e fenomeni metereologici estremi. Ma chi è Ross McKitrick? Almeno stavolta, qualcuno che di ambiente sa qualcosa: si è specializzato in economia ambientale e, nell’articolo, cita uno scienziato che ha messo in discussione la correlazione tra cambiamento climatico ed eventi estremi. Questo però non significa automaticamente che debba avere ragione.

McKitrick fatica a credere che il cambiamento climatico causi un maggior numero di eventi meteorologici estremi. Sembra che nell’articolo, l’economista scelga accuratamente gli indicatori per confutare suddetta correlazione: si limita a parlare del caso degli Stati Uniti, senza analizzare il contesto globale; afferma inoltre che dal 1940 ad oggi i danni da alluvioni sono scesi dal 2 allo 0.05 percento del PIL, come se una percentuale relativa ci possa raccontare la verità climatica assoluta. Se da un cesto di ciliegie marce ne adocchi due buone puoi affermare che quel cesto ha frutta di qualità?

Ad ogni modo, questo è un articolo che vuole raccontare una storia positiva, di emancipazione da un negazionismo di nicchia. Ma soprattutto vuole raccontare come una conversazione costruttiva, con studiosi preparati, possa dare un taglio meno politico alla faccenda, più legato ad una semplice presa d’atto della realtà del disastro climatico in corso. A questo punto della vicenda, infatti, è intervenuta a moderare le affermazioni della Reitt, Katharine Hayhoe, scienziata atmosferica. Si è presa la briga di rispondere alla politica, condividendo un video riguardante la scienza del clima, linkando poi lo studio più recente sulla correlazione tra cambiamento climatico ed eventi estremi. Dimostrando, insomma, che il quadro dipinto nell’articolo del tweet era fazioso e limitato, e fornendo una rappresentazione completa della questione. Katharine è una dei principali autori dello studio; a quel report però non ha lavorato solo lei, ma le migliori menti nordamericane del campo climatico : nella lunga lista di autori dello studio compaiono scienziati della NASA e dell’Amministrazione Statunitense Oceanica ed Atmosferica (NOAA). Lisa Raitt, dopo averne probabilmente leggiucchiato le principali affermazioni, risponde alla scienziata climatica di come sia “importante leggere anche questo studio”. Infine, dopo qualche altro messaggio privato con la scienziata, comprende il proprio errore, e decide di ritrattare il tweet originale.

È in effetti qui che sta la chiave del discorso sul cambiamento climatico, ossia la ricerca e il confronto continui, anche tra gli “addetti ai lavori”: infatti, se la comunità scientifica è comunque certa che il cambiamento climatico sia causato dall’uomo, non si è ancora altrettanto sicuri dei suoi effetti sui singoli eventi meteorologici e sugli ambienti naturali.

Il cambiamento climatico non ha per forza causato tutte le ondate di calore di questa afosa estate. Diciamo però che è molto probabile che lo abbia fatto. Il report speciale dell’IPCC sugli eventi climatici estremi, risalente al 2012, spiegava che al 99% il cambiamento climatico è e sarà causa di meno giorni freddi e più giorni caldi durante l’anno. Abbastanza scontato, abbiamo scoperto l’acqua calda (sempre di più!), procediamo. Al 90% è e sarà causa di ondate di calore più lunghe e intense. Giugno e luglio 2019 promettono bene, ma vedremo i prossimi anni. Sempre al 90%, il cambiamento climatico causa e causerà più piogge torrenziali in zone di media latitudine (quindi Stati Uniti ed Europa compresi) e tropicali. Al 66% è e sarà causa di siccità, “su una scala che va da quella regionale a quella globale”. Dipende dunque da regione a regione. Quanto è complessa la realtà, se si comincia a cercare di comprenderne le sfaccettature! Se infatti si analizza lo studio di Katharine, si può leggere al capitolo 8 come le ondate di calore e siccità abbiano raggiunto un picco in alcune regioni statunitensi, ma anche che si sta ancora cercando di comprendere la reale causalità delle attività antropogeniche. Nessun complotto, dunque! Se i dati non hanno una alta affidabilità, non vengono fatte sbrigative conclusioni. Tuttavia, ci dispiace informarvi che le piogge torrenziali, queste sì, aumentano a causa nostra, e gli uragani accrescono la loro potenza.

Questi dati servono a comprendere la realtà della scienza del clima: si parla di percentuali, studi, induzioni. Prima di arrivare ad una conclusione occorrono decenni di analisi e raccolta dati. Nel report speciale dell’IPCC, e in quello linkato da Katherina alla politica Lisa, hanno lavorato giusto una manciata di menti in più rispetto all’articolo concepito in solitaria da Ross, l’amico economista ambientale. È abbastanza rassicurante vedere come Lisa, dopo essersi informata, abbia deciso di ritirare le proprie originali affermazioni, e sia  ritornata al mantra che dovremmo ripeterci allo specchio ogni volta che ci laviamo i denti: cercare di limitare le nostre emissioni di CO2. La lezione che ha imparato Lisa dovrebbe essere presa d’esempio da noi tutti: parlare di cambiamento climatico è bene, ma prima di farlo sarebbe il caso di leggere ciò che gli scienziati hanno da dirci. Chiedo venia se continuo a rispettare l’autorità epistemica!

Che poi, per concludere, qui in redazione Duegradi ci domandiamo: quale sarebbe la retorica politica, gli interessi per cui combattere il cambiamento climatico? Ci sembra che politicamente non sia poi così conveniente o preferibile inneggiare ad un Green New Deal, sia per i pochi consensi popolari (comunque in crescita), sia per i forti interessi a mantenere uno status quo che la popolazione dei paesi industrializzati tende a preferire.

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