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Dal caffe dec ai fertilizzanti: i molteplici usi diretti della CO2

Dal caffe dec ai fertilizzanti: i molteplici usi diretti della CO2

Un viaggio nelle tecnologie che trasformano la CO2 da rifiuto dannoso a potenziale risorsa.

di Silvia Pugliese e Giulia Perotti

 

Nel 2019, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha pubblicato uno studio che individua le tecnologie per l’utilizzo della CO2 più promettenti, sia in termini di costi che di quantità di anidride carbonica riciclabile. Abbiamo deciso di utilizzarlo come punto di partenza per scoprire pregi e difetti di queste tecnologie.

 

Negli articoli precedenti abbiamo visto come l’anidride carbonica possa essere utilizzata per costruire edifici e per ottenere carburanti, ma questo prevede che la CO2 venga convertita in altre molecole.Tuttavia è anche possibile utilizzare l’anidride carbonica direttamente, senza modificarla. Ce ne occupiamo in questo articolo, dove vi parliamo delle tre attività che (ri-)utilizzano più CO2 ogni anno: l’estrazione di petrolio, l’agricoltura e l’industria del cibo.

Recupero avanzato del petrolio

Il più importante uso diretto della CO2 (circa il 34% dell’utilizzo globale) è il cosiddetto “recupero avanzato del petrolio”, in inglese “enhanced oil recovery” (EOR). Questa tecnica viene adoperata dalle compagnie petrolifere quando la maggior parte del petrolio è stata estratta e le normali tecniche di estrazione non sono più efficaci. Nello specifico l’EOR consiste nell’iniettare l’anidride carbonica in un pozzo petrolifero, in modo da ridurre la viscosità del petrolio e spingerlo più facilmente in superficie. Così facendo non solo l’estrazione del petrolio è più semplice ed efficace, ma se ne riducono anche i costi.

 

L’aspetto positivo è che l’EOR consuma grandi quantità di CO2, molte delle quali rimangono sepolte in profondità. Difatti, quando la CO2 viene iniettata nel sottosuolo, dal 90 al 95% circa rimane lì, intrappolata nella formazione geologica dove un tempo era intrappolato il petrolio.

 

L’aspetto negativo invece è che, di tutta la CO2 utilizzata nelle operazioni EOR negli Stati Uniti, dal 2010 in poi, meno del 15 percento proviene da fonti antropogeniche, come la lavorazione del gas naturale e le conversioni di idrocarburi. Il restante 85 percento circa proviene da grandi serbatoi naturali di CO2, dove l’anidride carbonica, trovandosi sotto la superficie terrestre, era già sequestrata. Questo significa che deve essere prima dissotterrata e poi seppellita di nuovo, in un processo che richiede enormi quantità di energia.

 

Per questi motivi l’EOR è ad oggi oggetto di molte controversie. Per ridurre effettivamente la quantità di CO2 nell’atmosfera i processi di EOR dovrebbero iniettare CO2 proveniente dalla combustione di combustibili fossili, direttamente dall’aria, o dalla conversione della biomassa.

 

 

CO2 come fertilizzante in serra

Concentrazioni elevate di anidride carbonica (tra 600-1.000 ppm, rispetto a 400 ppm in condizioni atmosferiche normali) influenzano le colture in serra in due modi importanti: aumentano la resa delle colture favorendo la fotosintesi e riducono la quantità di acqua che le colture rilasciano durante il processo di traspirazione. Le piante traspirano attraverso le foglie, che contengono minuscoli pori i quali, aprendosi, raccolgono le molecole di anidride carbonica per la fotosintesi e rilasciano vapore acqueo. Con l’aumento delle concentrazioni di anidride carbonica, i pori si aprono di meno, portando a livelli più bassi di traspirazione e quindi a una maggiore efficienza nell’uso dell’acqua.

 

Da diversi anni, pertanto, la CO2 viene aggiunta nelle serre per arricchire l’ambiente di coltivazione. L’arricchimento con CO2 viene utilizzato principalmente per la produzione di pomodori, cetrioli, peperoni e melanzane. Per alcune colture, questo metodo può aumentare la resa dal 25% al 30% e diminuire sostanzialmente le risorse utilizzate.

 

Affinché la CO2 utilizzata come fertilizzante possa essere una pratica benefica sia per le piante che per l’ambiente, la fonte di CO2 deve essere molto pura per garantire che le colture non vengano danneggiate (altrimenti la fonte di CO2 deve essere sottoposta a purificazione con il relativo consumo energetico) e la distanza di trasporto del gas deve essere ragionevole. Qualora venisse realizzato un collegamento tra un impianto industriale con CO2 quasi pura e una serra vicina, sarebbero possibili riduzioni importanti delle emissioni sia dell’industria che della serra.

 

Ad oggi, il leader indiscusso nell’uso della CO2 nelle serre sono i Paesi Bassi. Uno dei progetti più riusciti si chiama WarmCO2, in cui l’azienda produttrice di fertilizzanti Yara emette CO2 pura e calore come sottoprodotti del loro processo produttivo. Dal 2017, l’azienda cattura il calore e la CO2 attraverso specifiche installazioni e li ridistribuisce a diversi orticoltori della zona. Questo progetto ha già fatto risparmiare circa 52 milioni di metri cubi di gas naturale, il che si traduce in una riduzione del 90% del consumo di combustibili fossili.

 

Caffè decaffeinato…con la CO2

Lo sapevate? L’industria delle bevande e del cibo è senz’altro tra quelle che utilizzano più CO2. Ogni anno, circa 10 milioni di tonnellate di CO2 sono utilizzate in questo settore per diversi processi. Il primo utilizzo che viene in mente è sicuramente nelle bibite gassate, ma non é l’unico.

 

L’anidride carbonica è normalmente conosciuta come gas ma, se sottoposta ad alte pressioni, può assumere proprietà intermedie tra quelle di un liquido e quelle di un gas. Si parla in questo caso di anidride carbonica supercritica e, per le sue caratteristiche chimiche, viene adoperata come un solvente organico per l’estrazione di alcune sostanze negli alimenti.

 

È mediante l’impiego della CO2 supercritica che possiamo, per esempio, decaffeinare caffè e tè, eliminare la componente amara dal luppolo per l’industria birraria, estrarre pesticidi dal riso, eliminare i grassi da cacao e altri alimenti, e così via.

 

L’estrazione di sostanze tramite CO2 viene effettuata pompando CO2 supercritica attraverso l’alimento da “purificare”. La CO2 supercritica scorre attraverso questo substrato e dissolve i componenti solubili fino al loro esaurimento.

 

Questo impiego della CO2 è senz’altro ricco di vantaggi. La tecnologia infatti non richiede particolari quantità di energia e i prodotti alimentari ottenuti sono totalmente privi di solvente residuo, mantenendo tutte le loro proprietà. In aggiunta, la CO2 supercritica può essere riciclata al termine del processo di estrazione.

 

 

In conclusione

La nostra miniserie di articoli dedicati al riutilizzo della CO2 si conclude qui. La minaccia del riscaldamento globale ci ha portato, negli ultimi decenni, a scoprire, ri-scoprire e migliorare molte tecnologie che utilizzano la CO2; alcune di queste sono più mature, altre richiedono ancora molto lavoro prima di poter essere competitive a livello industriale. Ciò che le accomuna, tuttavia, è la visione della CO2 come risorsa, e non rifiuto dannoso. Un punto di vista un pò diverso da quello a cui siamo abituati, ma che rappresenta la chiave per risolvere la crisi climatica che stiamo attraversando.

 

Allo stesso modo, è bene ricordarsi che il riutilizzo di CO2 non riduce necessariamente le emissioni, e la quantificazione dei suoi benefici climatici è molto complessa. Riciclare la CO2 non vuol dire avere l’autorizzazione a continuare ad emetterne.

 

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