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(Ri)connessione tra essere umano e natura

(Ri)connessione tra essere umano e natura

Articolo di Verdiana Fronza
Illustrazione di Beatrice Maffei

 

Connessione con la natura: cosa significa e quali sono i benefici?

Può il benessere umano esistere senza quello della natura? Lo stato di crisi permanente che stiamo affrontando, sia dal punto di vista ambientale che sociale, non lascia spazio a dubbi: la risposta è no. Come parte integrante dell’ecosistema terrestre, dipendiamo dalla natura non solo per la vasta gamma di beni e servizi ecosistemici che essa offre, come la regolazione del clima, l’approvvigionamento di cibo e la possibilità di svago e relax, ma anche per i benefici fisici, psicologici ed emotivi derivanti dal contatto con la natura. Quando questa viene degradata a causa della perdita di biodiversità, deforestazione, inquinamento e cambiamenti climatici, questi benefici si riducono o scompaiono del tutto.

 

Se di servizi ecosistemici si è molto discusso, è interessante soffermarsi sul secondo aspetto, ovvero quello del contatto e della connessione con la natura, che potrebbe essere meno esplorato poiché i suoi effetti non sono facilmente quantificabili empiricamente. Si tratta tuttavia di un aspetto sempre più rilevante nel dibattito su come favorire una transizione verso sistemi più sostenibili. Un coro crescente di voci provenienti da campi diversi come la psicologia, l’economia e le scienze sociali sottolinea infatti la necessità di ristabilire una connessione intellettuale ed emotiva con la natura come premessa fondamentale per una vita soddisfacente nei limiti del nostro pianeta.

 

La domanda sorge spontanea: cosa significa “connessione con la natura”? Secondo la ricerca, questa locuzione intende un’estensione del concetto di sé per includere l’ambiente circostante e le altre specie, promuovendo un senso di appartenenza al mondo naturale e quindi a una comunità più ampia. Da un maggior senso di connessione deriverebbe l’apprezzamento e la valorizzazione di tutte le forme di vita, indipendentemente dal loro valore strumentale per l’essere umano.

 

Se questa concezione può sembrare vaga ed astratta, e comunque soggettiva e variabile in base a fattori cognitivi, affettivi ed esperienziali, numerosi studi dimostrano l’associazione tra il contatto con la natura e una maggiore probabilità di adottare comportamenti consapevoli, sia a livello domestico, con scelte come il riciclo, l’acquisto di prodotti ecologici, l’uso di mezzi di trasporto sostenibili come camminare e andare in bicicletta, che tramite attività di volontariato e di supporto alla conservazione ambientale.

 

Inoltre, la connessione con la natura contribuisce al benessere psicofisico ed eudemonico, ovvero al sentire che la propria vita ha un senso e ” ne vale la pena”.. Secondo gli studi, i  benefici in termini di salute e benessere sarebbero paragonabili a quelli  derivati dal reddito. Questo non dovrebbe sorprendere, considerando che l’umanità è stata plasmata cognitivamente ed emotivamente attraverso le sue interazioni con la natura.

 

Se da un lato, l’esposizione alla natura può favorire la connessione con gli ecosistemi e le altre specie, portando ad azioni positive in termini di cura dell’ambiente, questo rapporto vale anche all’inverso. Sviluppare un senso di connessione con la natura può portare a un aumento del contatto con le aree naturali, con i conseguenti benefici per la salute, il benessere e l’adozione di comportamenti pro-ambientali.

 


Come (ri)connetterci con la natura che ci circonda

Quali sono le attività più efficaci nel favorire comportamenti pro-ambientali? Pur non esistendo ancora un consenso accademico, molti studi propongono diversi modi per ritrovare la connessione con la natura. Alcune ricerche, ad esempio, hanno dimostrato che le visite regolari agli ambienti naturali, almeno una volta alla settimana, aiutano a sviluppare un forte senso di connessione con essi. L’accesso alla natura e le condizioni dell’ambiente, insieme alla sua ricchezza di biodiversità, contribuiscono al benessere mentale, spesso accompagnato dall’attività fisica. Anche forme indirette di contatto con la natura, come guardare o ascoltare programmi che trattano di tematiche naturali, possono contribuire ad atteggiamenti e comportamenti consapevoli.

 

Altri studi sottolineano come la chiave per promuovere comportamenti positivi per la conservazione della biodiversità non risiede solo nella quantità di tempo trascorso in natura, ma anche nel modo in cui questo tempo viene trascorso. Semplici attività che coinvolgono i nostri sensi, la nostra attenzione e le nostre emozioni, l’apprezzamento della bellezza della natura, la ricerca di significato negli elementi naturali e l’estensione del concetto di sé per includere la natura, aumentano la connessione e facilitano comportamenti di conservazione.

 

Anche lo “stare” nella natura, apprezzando e annotandone gli aspetti positivi, può aumentare la connessione, evocando sentimenti di stupore, gratitudine e meraviglia. Queste pratiche possono aiutare a sviluppare un’identità “ecologica” più attenta all’ambiente e coinvolta in azioni cooperative. 

 

Quindi, attività apparentemente piccole come contare le farfalle nel proprio giardino, lasciare aree incontaminate per la fauna selvatica e piantare piante favorevoli agli insetti impollinatori sono in grado di cambiare la prospettiva sul rapporto con la natura – notare la presenza delle farfalle, per esempio, incoraggerebbe pratiche di giardinaggio attento alla biodiversità. Inoltre, condividere queste esperienze ed emozioni con gli altri può stimolare comportamenti di conservazione. 

 

Ci sono numerosi casi studio che raccontano di esperienze positive di coinvolgimento di persone di tutte le età negli spazi naturali intorno a loro, ad esempio partecipando alla cura di luoghi pubblici come giardini di un ospedale, attraverso programmi artistici e campagne nazionali, o persino tramite la prescrizione medica di attività che favoriscono la connessione con la natura. I benefici sono molteplici, dalla salute alla lotta all’isolamento sociale.

 

Tuttavia, così come tutte le esperienze non hanno lo stesso impatto, allo stesso modo non tutte le persone possono avere lo stesso tipo di contatto con la natura. Restrizioni geografiche e socioeconomiche limitano l’accesso a queste esperienze positive per determinate persone, spesso quelle che potrebbero trarne maggior beneficio. A livello urbano, spesso le aree più trascurate sono anche quelle con meno spazi verdi, il che significa che i segmenti più vulnerabili della popolazione sono anche meno esposti ai potenziali benefici per la salute e l’ambiente derivanti da un maggiore contatto con gli elementi naturali. Questi cicli viziosi e auto-rinforzanti non devono essere dimenticati.

 

 

Una svolta valoriale

Se è vero che una maggiore connessione con la natura può avere benefici per noi e per l’ambiente, come possiamo rafforzarla? Sfruttare questo potenziale non è semplice e richiede di andare un po’ più a fondo per esplorare ciò che influenza la percezione e la relazione con il mondo naturale: valori, identità, norme, concezioni del mondo e sistemi socioeconomici Spesso queste categorie sono trascurate in quanto meno visibili e misurabili, ma ignorarle porta spesso al fallimento delle politiche ambientali e alla reazione negativa degli attori coinvolti.

 

Attualmente, il nostro sistema economico e politico privilegia valori individualisti e materialisti, e la visione del mondo perpetua un senso di dominio e disconnessione dalla natura e dalle altre specie. Questi valori e visioni, sebbene siano concetti astratti, hanno impatti concreti che contribuiscono alla crisi ecologica e sociale che stiamo affrontando.

 

È stato dimostrato come in molti paesi l’identità personale stia evolvendo verso un individualismo che promuove il consumismo insostenibile, l’adattamento privato ai rischi ambientali, la deregolamentazione. Al contempo, questi valori e atteggiamenti minano l’identità prosociale e la cittadinanza ecologica e globale, che invece sono associate alla preferenza per prodotti ecologici, all’attivismo ambientale e alla cooperazione internazionale – atteggiamenti cruciali dato che i problemi ambientali non conoscono confini nazionali.

 

Allo stesso modo, la concezione occidentale che separa essere umano e natura favorisce valutazioni strumentali della natura stessa, riducendola a merce, strumento e risorsa utile all’essere umano, senza riconoscerne pienamente il valore intrinseco. Questa concezione non è l’unica possibile, come dimostrano approcci più olistici per relazionarsi con gli ecosistemi come il “buen vivir” in America Latina o l’”ubuntu” in Sudafrica.

 

I valori che caratterizzano un sistema socioeconomico si cristallizzano e si riproducono nel comportamento individuale, nelle norme sociali e nelle istituzioni. E così pratiche come l’estrazione e lo sfruttamento delle risorse naturali, la conversione degli ecosistemi per la produzione industriale di cibo o per esigenze urbane, e la loro manipolazione per necessità di produzione elettrica vengono accettate senza troppo questionare.

 

Una valutazione della natura basata sul mercato sottende molte pratiche di mitigazione climatica. Vi è infatti un vero e proprio mercato di crediti di carbonio che consente alle aziende di compensare le loro emissioni acquistando crediti da progetti che riducono le emissioni, come la piantumazione di alberi. Tuttavia, questa soluzione ha sollevato molte critiche, tra cui l’accusa di greenwashing. Il concetto stesso di valutazione economica dei servizi ecosistemici e il “pagamento” per il loro mantenimento riducono la natura a un insieme di risorse e servizi quantificabili in termini monetari, trascurandone il valore non economico, per esempio la sua funzione estetica, spirituale, e culturale.

 

Il distacco dalla natura ha conseguenze individuali e sociali, dalla diminuzione della qualità della vita e l’aumento dello stress mentale e fisico, alla perdita dell’identità culturale,  le fratture sociali e la riduzione della cooperazione dovuta alla scarsità di risorse e all’esternalizzazione degli impatti negativi. Questo contribuisce alla “tragedia dei beni comuni”, ovvero al degrado delle risorse condivise, come l’acqua e le foreste, a causa dello sfruttamento egoistico senza considerare l’interesse collettivo.

 

Una transizione valoriale e identitaria che metta al primo posto il benessere ambientale e sociale è un “punto di leva” essenziale per favorire la trasformazione a sistemi più sostenibili. Questa transizione si accompagna alla rivalutazione del rapporto fra essere umano e natura, facilitandola ed essendone facilitata. In questo senso, la proposta di una “svolta relazionale” nei valori indica che la strada da perseguire richiede di superare la divisione “essere umano” e “natura” per abbracciare una visione integrata della loro interconnessione instaurando una vera e propria relazione di cura, tutela ambientale e solidarietà con una comunità umana e naturale più ampia, dal livello locale a quello globale.

 

Questa svolta può anche portare a nuovi approcci nella governance, nella gestione e nell’elaborazione delle politiche, poiché i cambiamenti individuali di valori e identità influenzano anche la dimensione istituzionale e culturale. Allo stesso modo, il cambio individuale è favorito anche dall’istituzionalizzazione dall’alto. Le istituzioni, le politiche, le regole e le norme svolgono un ruolo significativo nel dar forma alla nostra concezione di natura: quale concezione dipende dalle scelte politiche attuate.

 

 

Politiche concrete per riscoprire una connessione con la natura

Quali politiche possono quindi favorire una maggior connessione tra essere umano e natura? Ci si dovrebbe concentrare sull’aumento delle opportunità di coinvolgimento e accesso alla natura, sulla conservazione delle aree naturali e sull’integrazione della natura nella pianificazione urbana. Inoltre, la natura dovrebbe essere parte integrante dell’assistenza sanitaria incentrata sulla persona. Programmi di orticoltura comunitaria per i detenuti, citati in precedenza, hanno dimostrato di ridurre i tassi di recidiva e favorire atteggiamenti pro-sociali e pro-ambientali. Allo stesso modo, la riqualificazione di terreni incolti ha dimostrato di ridurre i reati violenti nelle aree circostanti. Ripristinando l’ambiente naturale, possiamo stimolare un ciclo virtuoso nello sviluppo di identità più in linea con la sostenibilità sia sociale che ambientale. 

 

Inoltre, favorire processi decisionali più partecipativi può contribuire a immaginare alternative sostenibili attraverso un dialogo e una deliberazione efficaci, inclusivi e attenti alle diverse dinamiche di potere a livello locale ed internazionale. L’adozione di identità globali e valori universali, mediati da una maggiore connessione con la natura, può contribuire a ridurre le ingiustizie ambientali, favorendo una più equa redistribuzione dei benefici derivanti dalla natura, coinvolgendo le comunità nella gestione del territorio e valorizzando le conoscenze e le pratiche tradizionali locali. Riguardo la svolta valoriale, è importante abbracciare una concezione più ampia della natura, utilizzare un linguaggio relazionale nelle discussioni politiche e favorire esperienze personali con la natura anche nell’ambito educativo e professionale. 

 

Attualmente, è ancora comune che le politiche di sostenibilità si concentrino su “spinte” (nudges) che spesso modificano i contesti decisionali senza affrontare i valori sottostanti, forse anche per considerazioni etiche. Tuttavia, una mentalità di laissez-faire limita il campo delle opzioni di sostenibilità possibili – per esempio, se un governo non interviene per potenziare i servizi pubblici legati alla sostenibilità, dai trasporti, all’energia, alla salute, spesso non è neanche possibile fare una scelta a ridotto impatto socio-ecologico.

 

Un cambiamento valoriale è sicuramente più lungo, complesso e difficile da gestire rispetto ad interventi puntuali, ma, nonostante possa sembrare utopico, è già avvenuto in passato. Ad esempio, si pensi al passaggio dall’idea degli ecosistemi come risorse esclusivamente da sfruttare al riconoscimento dei diritti dei beneficiari dei servizi ecosistemici, come l’aria pulita e la conservazione della biodiversità.

 

Anche in Italia, si possono individuare casi concreti di progetti che sembrano ispirati da una relazione più stretta tra gli esseri umani e la natura. Ad esempio, il Parco del Respiro, situato nel bosco attorno a Fai della Paganella in Trentino, è un vero e proprio parco terapeutico dove le persone possono immergersi nella foresta (forest bathing) per beneficiare del benessere neurologico, psicologico ed emozionale derivante dal contatto e dalla respirazione all’interno del bosco. L’Aula Natura dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, progetto del WWF, mira invece a favorire il benessere di ogni paziente stimolando la curiosità, coinvolgimento con l’ambiente e un’attitudine positiva verso il concetto di cura.

 

Certamente questi esempi rappresentano casi specifici e può essere difficile confermare il loro carattere sistemico. Tuttavia, la sistematizzazione della riscoperta della connessione tra essere umano e natura potrebbe essere una delle chiavi per affrontare il cambiamento climatico, la degradazione ambientale e l’ingiustizia sociale in modo comprensivo.

 

 

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